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Preparazione alla ISS International Space Station

Ultimo Aggiornamento: 26/12/2014 18:20
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Stellar Nebula
07/11/2014 11:21

L-430: La tuta Orlan per l’acqua
Inviato il 27 settembre 2013 da Samantha Cristoforetti

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Star City (Mosca, Russia), 27 settembre 2013—Oggi un’altra grande giornata di addestramento in tuta Orlan con Sasha. Abbiamo ripetuto le attività di mercoledì e naturalmente, dopo aver già visto le procedure una volta, siamo stati molto più efficienti. Abbiamo anche ottimizzato la preparazione degli attrezzi, che è stato di grande aiuto.

Nella foto, scattata appena dopo che la gru mi ha tirata fuori dall’acqua alla fine della sessione, potete vedere una peculiarità della versione per l’acqua della Orlan. Se ci fosse mai stato un problema con l’alimentazione dell’aria dalla superficie, tirare quella leva bianca avrebbe attivato i serbatoi d’aria d’emergenza della riserva di backup.

L’altra peculiarità è naturalmente che il pannello di controllo frontale e il computer mancano nella versione per l’Hydrolab. L’unica cosa in comune che rimane è

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2013/09/27/l-430-la-tuta-orlan-per...

L-429: La “via ferrata” dello spazio
Inviato il 28 settembre 2013 da Samantha Cristoforetti

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Star City (Mosca, Russia), 28 settembre 2013—È un fine settimana freddo e grigio a Star City.

Il momento giusto per sedersi a casa con una buona tazza di tè e buttare giù qualche “insegnamento appreso dall’esperienza” delle sessioni di addestramento della settimana scorsa all’Hydrolab. Non so quando indosserò di nuovo la tuta Orlan, e avrò fatto talmente tante cose diverse fra ora e allora, che prendere appunti è vitale. Naturalmente, è disponibile della documentazione standard sull’addestramento, ma dovete anche capire il modo di fare le cose che funziona meglio per voi. Immagino che valga per molte cose nella vita!

I due spessi cavi blu con i grandi moschettoni che vedete nella foto sono quelli che usiamo per assicurarci alla struttura. Vi muovete lungo i corrimano alla maniera della “via ferrata”: sganciate un moschettone, attaccatelo al prossimo corrimano, sganciate l’altro… e così via. Naturalmente, non assicurate entrambi allo stesso corrimano, o almeno abbiate un punto d’appoggio in mezzo: l’idea è che, se un corrimano dovesse mai staccarsi, avreste l’altro cavo che vi tiene al sicuro.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2013/09/28/l-429-la-via-ferrata-dello...

L-428: Altre riflessioni sull’addestramento Orlan
Inviato il 29 settembre 2013 da Samantha Cristoforetti

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Star City (Mosca, Russia), 29 settembre 2013—Vorrei condividere qualche altra riflessione sull’addestramento Orlan.

Mi è stato chiesto se la Orlan è molto diversa dalla tuta EMU della NASA. Direi di sì. Per dirne una è molto veloce da indossare: come potete vedere nella foto, in pratica salite nella tuta, chiudete la “porta” dietro di voi e siete pronti a presurizzarla ed entrare in acqua.

L’altra grande differenza è che viene pressurizzata a una pressione più elevata, circa 1,5 volte più alta. Questo vi dà un margine maggiore nel caso di una perdita, ma riduce anche un po’ la manualità ed è necessaria una maggiore energia per lavorare in una tuta più rigida.

Come in molte altre cose, è un equilibro fra esigenze diverse!

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2013/09/29/l-428-altre-riflessioni-sulladdestrament...

L-427: Perdite alla Stazione e al motore della Soyuz
Inviato il 30 settembre 2013 da Samantha Cristoforetti

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Star City (Mosca, Russia), 30 settembre 2013—Oggi ancora lezioni sulla risposta alle emergenze nel segmento russo, in particolare sullo scenario della depressurizzazione.

La prima cosa importante da fare: calcolare quanto rapidamente la pressione all’interno della Stazione sta calando e quindi capire quanto tempo avete prima che sia necessario evacuare. Lo chiamiamo tempo di riserva.

Seconda cosa: assicuratevi che non sia la vostra Soyuz ad avere una perdita. Almeno sapete di avere un passaggio sicuro verso casa.

Dopodiché: trovare la perdita e isolarla. Abbiamo procedure che ci guidano attraverso un isolamento sistematico di porzioni della Stazione: ogni volta che chiudiamo un portello possiamo determinare su quale lato sia la perdita, fino a quando la individuiamo in uno specifico modulo. Quindi possiamo isolarla e preservare il resto del nostro volume pressurizzato.

Ora, come potete immaginare qui non sto parlando di perdite in stile cinematografico con cose e persone risucchiate nello spazio. La localizzazione della perdita sarebbe piuttosto ovvia in quella situazione, e in ogni caso avreste priorità diverse!

Avendo parlato di perdite alla Stazione al mattino, Anton e io abbiamo avuto una perdita alle tubazioni del motore durante la nostra simulazione Soyuz del pomeriggio, e mentre eseguivamo il rientro d’emergenza ci siamo trovati a dover combattere con vari guasti al computer e al motore… La foto che condivido è però stata scattata in un altro momento: il giorno in cui anche Terry era con noi e il nostro equipaggio era al completo!

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2013/09/30/l-427-perdite-alla-stazione-e-al-motore-dell...

L-426: La “vasca da bagno” misteriosa
Inviato il 1 ottobre 2013 da Samantha Cristoforetti

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Star City (Mosca, Russia), 1 ottobre 2013—Sono lì dentro, da qualche parte!

Ci vuole un intero villaggio per realizzare la forma per il rivestimento del seggiolino della Soyuz, come ho scoperto oggi. Un paio di persone mi versavano addosso gesso liquido, un altro paio mi spingevano giù in modo che mantenessi un buon contatto con le pareti della “vasca da bagno”, e qualcuno mi copriva gentilmente la faccia per non farmi arrivare schizzi di gesso.

Dopo una prima forma grezza, ci sono volute alcune ripetizioni aggiungendo e grattando via, finché mi sono sentita sicura di non avere punti problematici e mantenermi a contatto regolare lungo tutta la spina dorsale e, ancora più importante, il collo. Qualche altra ripetizione nella tuta Sokol e la forma è stata completata!

Il rivestimento del seggiolino è particolarmente importante al rientro. Come sapete, non si può parlare di atterraggio morbido nella Soyuz: l’impatto con il suolo può essere violento. Ma se il rivestimento si adatta correttamente, distribuirà in modo uniforme il carico dell’impatto e impedirà lesioni.

Oh, sì, giorni come questo fanno sentire tutto così reale!

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2013/10/01/l-426-la-vasca-da-bagno-mis...

L-425: Esaminare l’equipaggiamento d’emergenza
Inviato il 2 ottobre 2013 da Samantha Cristoforetti

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Star City (Mosca, Russia), 2 ottobre 2013—Oggi ho passato un paio d’ore nel simulatore Soyuz facendo pratica di rendezvous e docking manuale. È sempre bello sedersi ai comandi della Soyuz e certamente molto utile per rinfrescare un po’ le mie competenze.

Nel pomeriggio ho avuto una lunga e dettagliata panoramica su tutti gli equipaggiamenti del segmento russo che potrebbero essere usati in caso di emergenza: maschere antigas ed estintori, naturalmente, ma anche interruttori di alimentazione che potreste voler spegnere, valvole che potreste voler azionare, portelli che potreste voler chiudere—e ci sono diversi tipi di portelli nel segmento russo.

In realtà, sembra che l’equipaggio sulla ISS abbia in programma di fare una revisione simile domani: come base per il mio corso di oggi abbiamo usato un Radiogramma (un messaggio operativo russo all’equipaggio) con la data di domani!

Abbiamo anche esaminato un paio di scenari per ripassare la conoscenza delle procedure. Come potete vedere nella foto, a un certo punto abbiamo avuto un incendio nel modulo FGB.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2013/10/02/l-425-esaminare-lequipaggiamento-dem...



L-424: Passato l’esame sulle procedure d’emergenza!
Inviato il 3 ottobre 2013 da Samantha Cristoforetti

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Star City (Mosca, Russia), 3 ottobre 2013—Oggi ho avuto un esame sulle procedure d’emergenza e l’equipaggiamento del segmento russo su cui sto imparando dalla settimana scorsa.

Come potreste avere letto, ieri ho avuto un corso con una panoramica sulle attrezzature nel mockup. Allego una foto, in cui vedete una parte di quelle attrezzature.

Per dirne una, i portelli. Ce ne sono svariati tipi diversi nel segmento russo ed è importante essere in grado di chiuderli rapidamente in un’emergenza. Vicino a ogni portello c’è sempre una valvola per equalizzare la pressione fra i moduli, e abbiamo anche bisogno di saper localizzare e azionare tutte quelle valvole rapidamente. Potete vederne una verso l’angolo superiore destro della foto. I moduli utilizzabili come airlock per una passeggiata spaziale hanno anche valvole di depressurizzazione che li collegano al vuoto dello spazio.

Nella parte inferiore del portello, lungo l’anello giallo, potete anche vedere due sensori di flusso dell’aria. Sono installati su tutti i portelli del segmento russo e vengono attivati automaticamente se scatta l’allarme di “depressurizzazione rapida”. Mentre tutte le ventole vengono spente e i membri dell’equipaggio si ritirano nelle loro Soyuz per controllare le perdite al loro passaggio verso casa, e lasciano la circolazione dell’aria indisturbata, entro pochi minuti i sensori di flusso potrebbero avere una soluzione per la localizzazione della perdita o puntare genericamente al segmento americano della Stazione.

Oh, oggi ho anche potuto pilotare ancora la Soyuz per un paio d’ore. Non una cattiva giornata!

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2013/10/03/l-424-passato-lesame-sulle-procedure-dem...

L-423: Ripida ma non troppo
Inviato il 4 ottobre 2013 da Samantha Cristoforetti

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Star City (Mosca, Russia), 4 ottobre 2013—Oggi mi è capitato di passare un po’ di tempo con la mia cara vecchia amica, la centrifuga di Star City.

Tranne che non stava ruotando. In realtà sono capitata lì praticamente per caso. Avevo in programma un corso sulla discesa manuale ma il pannello dei comandi su cui ci addestriamo era installato nella cabina della centrifuga, perché gli attuali equipaggi principale e di backup hanno il loro esame sulla discesa manuale questa settimana.

Davanti a me nella foto c’è il formato di discesa, che mostra la curva nominale di discesa. La curva inizia in alto con il momento dell’ingresso nell’atmosfera e finisce in basso con l’apertura del paracadute. L’obiettivo è arrivare il più vicino possibile al punto nominale di apertura del paracadute, ma nei nostri scenari di controllo manuale non siamo sulla curva fin dall’inizio: simuliamo la presenza di un errore nel momento in cui entriamo in contatto con l’atmosfera, che è tipicamente da qualche parte nell’intervallo da 40 secondi in anticipo a 40 secondi in ritardo.

Per fare un esempio, se entrassimo nell’atmosfera più tardi del previsto, avremmo bisogno di scendere con un angolo maggiore per arrivare al punto di apertura del paracadute. Questo può essere complicato, perché una traiettoria più ripida significa anche G più alti. Immagino sia per questo che ci fanno fare l’esame nella centrifuga: in quel caso sentiamo le conseguenze dei comandi che eseguiamo!

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2013/10/04/l-423-ripida-ma-non-troppo/

L-422: Un flashback sulla sopravvivenza in acqua
Inviato il 6 ottobre 2013 da Samantha Cristoforetti

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Colonia (Germania), 5 ottobre 2013—Oggi una nota flashback, visto che sto passando un fine settimana a Colonia e prendo un po’ di tempo per riordinare una montagna di foto dei mesi passati.

Questa è una foto dello scorso giugno quando Anton, Terry e io abbiamo fatto l’addestramento di sopravvivenza in acqua in un lago non lontano da Star City.

La sfida maggiore della sopravvivenza in acqua è il calore—nel minuscolo modulo di discesa, noi tre abbiamo dovuto svestirci dalle nostre tute pressurizzate Sokol (che vedete nella foto), e indossare diversi strati di indumenti termici e una tuta asciutta, prima di saltare in acqua per evacuare un modulo di discesa che simulavamo imbarcasse lentamente acqua.

Nello spazio ristretto, tutto quel cambiarsi di indumenti ci ha richiesto oltre un’ora e mezza in cui eravamo inzuppati di sudore, facendo a turno a riposare e usare i tubi di ventilazione per rinfrescarci. Era un fine equilibrio fra lavorare rapidamente per uscire più in fretta, e lavorare lentamente per evitare di surriscaldarsi. Giusto in caso, prima dell’addestramento abbiamo inghiottito un sensore wireless attraverso cui il medico poteva monitorare la nostra temperatura interna durante l’esercitazione.

È improbabile che dovremo mai usare queste competenze, ma di sicuro è stato un grande esercizio di team building!

Se siete interessati, potete trovare molte altre foto qui..

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2013/10/06/l-422-un-flashback-sulla-sopravvivenza-i...

L-421: No, non svolazziamo con i jetpack nello spazio

Inviato il 6 ottobre 2013 da Samantha Cristoforetti

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Colonia (Germania), 6 ottobre 2013—Una domenica non programmata a Colonia. A causa del temporaneo “shutdown del governo” negli USA, alcune attività di addestramento non critiche a Houston sono state posticipate a un periodo successivo, quindi partirò più avanti nella settimana. Così, invece di essere su un aereo in questo momento, sto per andare a vedere il film Gravity. Non vedo l’ora, dopo averne sentito parlare così tanto!

Inoltre, ho riordinato un altro po’ di foto. Ecco una serie di foto dell’addestramento Orlan nell’Hydrolab di Star City che mi auguro gradirete.

Noterete che non c’è nessun jetpack attaccato alle tute Orlan. È vero anche in orbita. Solo la tuta EMU della NASA ha un jetpack, che è chiamato SAFER. E per rispondere a una domanda comune delle persone che hanno visto Gravity: no, non voliamo intorno usando il SAFER.

Ha solo abbastanza gas per farvi volare indietro rapidamente verso la struttura se vi distaccaste dalla Stazione. Ma questa è una situazione molto improbabile e non è mai accaduta prima: i regolari protocolli dei cavi di sicurezza dovrebbero tenervi al sicuro e, se doveste commettere un errore, nella EMU abbiamo un cavo di sicurezza che fornisce un ulteriore livello di protezione.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2013/10/06/l-421-no-non-svolazziamo-con-i-jetpack-nello...

L-420: Alcune riflessioni su Gravity
Inviato il 7 ottobre 2013 da Samantha Cristoforetti

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Colonia (Germania), 7 ottobre 2013—Ho approfittato della mia imprevista domenica libera e ieri sono andata a vedere “Gravity”.

Per quello che conta, penso veramente che dovreste vederlo, se non l’avete già fatto. Un avvertimento: la mia conoscenza della cinematografia è più o meno uguale alla mia conoscenza della grammatica sanscrita. Ma mi azzardo a dire che sarete inevitabilmente commossi dalla bellezza estetica del film, i suoi sorprendenti effetti visivi, la sua musica accattivante. La trama non mi ha del tutto convinta, ma che importa? È una buona scusa per fare un viaggio nello spazio e vedere la Terra da una prospettiva orbitale. E per visitare alcune delle macchine dell’umanità nello spazio, da Hubble alla Stazione Spaziale Internazionale al veicolo spaziale Soyuz, tutti riprodotti con minuzioso dettaglio fino alle etichette dei bottoni sul pannello dei comandi. Andate al cinema, inforcate gli occhiali 3D e andate a dare un’occhiata. Dopo uscite fuori, guardate il cielo in alto e pensate che tutte quelle cose esistono per davvero, ora, in orbita terrestre. Lasciate che quel pensiero arrivi in profondità.

Ok, ora quello che volete realmente sapere. Sì, la riproduzioni dell’hardware è incredibilmente accurata, ma come la mettiamo con quello che succede realmente? È realistico?

Beh, mi dispiace, no. Secondo me, nemmeno un po’. Per dirne una c’è una serie di impossibilità fisiche. Volare da Hubble alla ISS con un jetpack? Andiamo. Sono in orbite completamente diverse: altitudini diverse, velocità orbitali diverse, piani diversi. Se non è il vostro lavoro quotidiano, i trasferimenti orbitali fuori piano possono darvi un mal di testa, semplicemente non sono intuitivi. E richiedono molto, veramente molto propellente. Non è roba per un minuscolo jetpack.

O parliamo del momento drammatico in cui il coraggioso Comandante rilascia il moschettone che lo lega alla sua compagna di equipaggio: è stato certamente di grande impatto emotivo vederlo fluttuare via sotto l’incantesimo di qualche forza magica, ma, ehm, in realtà non sarebbe accaduto molto. Avrebbe solo continuato a fluttuare proprio lì.

A ogni modo, abbiamo detto abbastanza sulle impossibilità fisiche. Parliamo delle cose che ho notato che secondo me non hanno senso dal punto di vista delle reali operazioni spaziali sulla ISS.

Addestramento—La Dr. Stone dice che si è addestrata in sei mesi per il suo volo. Bene, io mi sono addestrata per due anni e ne ho ancora un altro da fare. E, no, non sono nemmeno in grado di pilotare un veicolo spaziale cinese.

Cavi di sicurezza—Durante le scene della riparazione di Hubble vedete molti attrezzi in volo libero. In una passeggiata spaziale reale, niente viene mai lasciato non legato. E i membri dell’equipaggio sono in aggiunta attaccati con un cavo di sicurezza autoavvolgente che li tirerebbe indietro verso la struttura se si staccassero.

Volo con il jetpack—Veramente i membri dell’equipaggio non volano intorno a quel modo. Il jetpack (chiamato SAFER) è solo una misura di sicurezza aggiuntiva e ha giusto abbastanza gas per volare rapidamente indietro verso la struttura se uno se ne dovesse mai staccare.

Perdita delle comunicazioni—I satelliti per le comunicazioni, chiamati TDRS, sono satelliti geostazionari. Sono in un’orbita di 36.000 km. Non possono essere abbattuti da detriti che “volano intorno” in orbita terrestre bassa.
O2 nella tuta che si esaurisce—In realtà, la prima riserva che si esaurirebbe sarebbe la purificazione della CO2. La Dr. Stone sarebbe morta di intossicazione da CO2 molto prima di finire l’ossigeno.

Portelli dell’airlock—Nel film la Dr. Stone sembra facilmente in grado di “fare irruzione” in qualunque Stazione Spaziale capiti nella sua stessa orbita girando una conveniente maniglia esterna del portello dell’airlock. I portelli si aprono convenientemente verso l’esterno e gli airlock sono convenientemente isolati dal resto della Stazione. Nella realtà, non abbiamo maniglie esterne sui portelli e non teniamo gli airlock isolati—se aprite il portello, depressurizzate l’intera Stazione. Inoltre, i portelli verso il vuoto si aprono verso l’interno, non l’esterno, altrimenti non sarebbero molto sicuri, vero? Pensate a tutta quella pressione interna che vuole spingerli ad aprirsi tutto il tempo. Naturalmente, visto che si aprono verso l’interno dovete prima depressurizzare l’airlock, altrimenti avreste un momento molto difficile nel tentativo di aprirli.

Ulteriori veicoli spaziali—Sulle varie Stazioni convenientemente localizzate sulla sua orbita, la Dr. Stone trova anche veicoli spaziali abbandonati dall’equipaggio della Stazione. In realtà, abbiamo due veicoli spaziali Soyuz per le sei persone della ISS. Se dobbiamo andarcene, li usiamo entrambi. Su una Stazione Spaziale evacuata non sarebbero rimaste Soyuz.

Ok, lascerò il resto per domani.

Nel frattempo, andate a vedere il film, portate i vostri amici e dite loro che tutto quell’hardware esiste realmente lassù in orbita ed è una magnifica realizzazione.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2013/10/07/l-420-alcune-riflessioni-su-...

L-418: Altre riflessioni su Gravity

Inviato il 9 ottobre 2013 da Samantha Cristoforetti

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Colonia (Germania), 9 ottobre 2013—Questa è la continuazione della nota di lunedì sul film “Gravity”. Se l’avete persa, per favore leggete prima la nota L-420!

Ricominciando da dove ho interrotto, ecco qualche altro aspetto del film che tende verso la parte di finzione della fantascienza. Di nuovo, spoiler alert!

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Passeggiate spaziali—Le passeggiate spaziali nel film sono prestazioni notevoli degne di uno spettacolo del Cirque du Soleil. Sfortunatamente questo non è molto realistico. Le reali tute per le passeggiate spaziali sono molto rigide e hanno snodi metallici che vincolano i movimenti: l’estensione di movimento e la destrezza sono limitate e così è anche il campo visivo dall’interno del casco. Anche con tutta la spinta addizionale di una grande scarica di adrenalina, mi dispiace, non c’è semplicemente alcun modo in cui potrebbero riuscirvi tutti quei numeri.

Operazioni nell’airlock—L’airlock della ISS in cui il Dr. Stone fa irruzione è quello russo, che è usato per le passeggiate spaziali sul segmento russo con la tuta russa Orlan. L’airlock è reso magnificamente con incredibile dettaglio, così non importa che la manopola blu girata dalla Dr. Stone non inizierebbe la ripressurizzazione, che la ripressurizzazione richiederebbe in ogni caso molto di più e che uscire dalla tuta EMU, anche se aiutati, richiede un bel po’ di tempo. Dove vorrei veramente mettere le cose in chiaro è il reparto biancheria intima. La canottiera e i pantaloncini indossati dalla Dr. Stone sono, beh, una dichiarazione sulla moda piuttosto sorprendente per quanto riguarda le passeggiate spaziali. In realtà, gli astronauti che compiono una passeggiata spaziale indossano biancheria intima a maniche lunghe molto fuori moda, ma molto più protettiva, e una sottotuta di raffreddamento che è una maglia con circa 100 metri di tubicini (vedete la foto). Dell’acqua viene fatta circolare in quei tubi per rimuovere il calore dal corpo che è poi respinto nello spazio attraverso un sublimatore. Nel mondo delle reali passeggiate spaziali, no raffreddamento, no party.

Sganciare la Soyuz—Sì, è un po’ più complicato di premere semplicemente il bottone “ON” e mandare il comando di sgancio. Dovete eseguire dei controlli di tenuta e portare online un certo numero di sistemi prima che possiate andarvene. Il pensiero di saltare semplicemente in una Soyuz e andare è stato così comicamente grottesco per me che è uno di quei momenti in cui sono scoppiata a ridere. Ma, ecco un grande ma: pensandoci un altro po’, credo realmente che potreste farlo. Intendo, in linea di principio potreste presentarvi in biancheria intima, accendere il pannello di controllo, dare potenza al sistema di aggancio e mandare il comando di apertura dei ganci. Purché il portello sia chiuso il comando sarebbe accettato, e una volta che i ganci si aprono i respingitori a molla vi darebbero un po’ di velocità di separazione. Credo che se foste veramente di fretta, perché no? Fareste bene ad avere un buon piano su cosa fare dopo, comunque, e inziare ad accendere gli equipaggiamenti vitali appena in movimento.

Paracadute—Non lo dirò troppo ad alta voce, ma… in realtà potete sganciare il paracadute dal modulo di discesa mentre siete comodamente seduti all’interno. È una procedura standard rilasciare una fune dopo l’atterraggio per evitare di essere trascinati dal vento. In caso di atterraggio in acqua, rilasciate entrambe le funi per non essere spinti sott’acqua dal peso del paracadute. Detto questo, fare una passeggiata spaziale improvvisata è stato certamente molto spettacolare. Ma tenete a mente che nella vera Soyuz non c’è nessuna predisposizione di alcun tipo per fare passeggiate spaziali e nemmeno un accenno di corrimano su cui traslare. Credo che questa scena sia un tributo ai primi tempi del programma spaziale sovietico.

Per oggi è abbastanza, to be continued!

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2013/10/09/l-418-altre-riflessioni-su-...

L-417: Riflessioni conclusive su Gravity
Inviato il 11 ottobre 2013 da Samantha Cristoforetti

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Houston (USA), 10 ottobre 2013—Sono appena arrivata a Houston dopo un lungo volo in cui ho avuto il tempo di buttare giù qualche parola conclusiva su Gravity. Per favore vedete la nota L-418 di ieri e specialmente la L-420 di lunedì per le mie riflessioni generali sul film. Per farla breve: andate a vederlo, sarà una grande esperienza estetica e un incontro ravvicinato con alcune macchine spaziali straordinarie che gestiamo in orbita. Ora.

Come ho detto prima, il modo in cui è reso l’hardware è straordinariamente realistico, gli eventi e le operazioni non altrettanto. Ecco qualche altra riflessione su quello (spoiler alert!).

Pilotare un rendezvous—Siete seduti nella vostra minuscola Soyuz e volete volare verso la Stazione Spaziale Internazionale? Questo viene fatto quattro volte l’anno, tra l’altro—ogni volta che un nuovo equipaggio viene lanciato verso la Stazione. È chiamato rendezvous ed è quello che tecnicamente la Dr. Stone cerca di fare quando punta verso la Tiangong e tenta di accendere il motore principale della Soyuz. Eccetto che non funziona a quel modo. Diciamo che state seguendo la stazione. Per raggiungerla, avete bisogno di essere su un’orbita più bassa. Ecco il trucco: ogni orbita ha la sua specifica velocità orbitale. Più bassi siete, più veloci andate. Così, se vi trovate su un’orbita più bassa del vostro bersaglio, recuperate il distacco: lo chiamiamo phasing. Quindi a un certo punto avete bisogno di salire verso l’orbita del vostro bersaglio. Per questo, farete due accensioni prograde (significa in avanti) in due momenti precisi. Questo, che ci crediate o no, vi farà finire più lenti. Ma vi porterà su un’orbita più alta, così avrete raggiunto i vostri obiettivi: raggiungete il bersaglio e uguagliate la sua velocità più bassa. Avete capito: anche nel caso più semplice possibile che ho appena descritto, un rendezvous implica accendere il motore diverse volte con accensioni di estrema precisione, orientamento e durata. Nessun “punta e spara” qui!

Non potete ingannare la Soyuz…—…A pensare che si trovi a 3 metri dal suolo. Non c’è nessun formato di controllo per inserite manualmente l’altezza rispetto al suolo e i razzi di atterraggio morbido vengono accesi automaticamente su comando di un altimetro radar. Inoltre, per esporli non solo dovreste separare i moduli della Soyuz (che hanno effettivamente fatto, mi è piaciuto!), ma anche staccare lo scudo termico che protegge il fondo del modulo di rientro durante la discesa. E, avete indovinato, anche questo avviene automaticamente.

Cavalcare l’estintore—Non importa che non abbiamo un portello laterale nel modulo di discesa della Soyuz (perché dovrebbe servirvene uno?), ma quali sono le probabilità di arrivare alla ISS usando un estintore? Ricordo un vecchio annuncio pubblicitario di pneumatici che diceva “La potenza è nulla senza controllo”. In questo caso direi “La spinta è nulla senza controllo”. Diciamo che volete muovervi dritti all’indietro. Prima di tutto, avete bisogno di assicurarvi di orientare il corpo in modo che il vostro bersaglio sia dritto dietro di voi (come?). Poi la direzione del getto dell’estintore deve essere perfettamente allineata con il centro di massa del vostro sistema corpo-tuta. Se è solo leggermente disallineata, inevitabilmente ruoterete su voi stessi. Appena iniziate a ruotare, il vostro bersaglio, che abbiamo assunto eravate in qualche modo stati in grado di mettere dritti dietro di voi, non sarà più dietro di voi… iniziate a vedere un problema qui?

Rientro—Quando ci addestriamo al rientro nel simulatore della Soyuz a Star City c’è una cosa che dobbiamo fare a tutti i costi, nonostante l’istruttore ci bombardi di combinazioni di malfunzionamenti degni di, beh, un film: dobbiamo assolutamente fare un’accensione di frenata con il corretto orientamento e con il ΔV (differenza di velocità) richiesto. In breve significa che rallentiamo giusto quanto richiesto per incontrare l’atmosfera con l’angolo corretto. Perché questo è importante? Beh, si da il caso che questa sia la chiave del vostro tornare a casa in un unico pezzo. Vi lascerò giudicare se il tipo di scenario da giorno dell’apocalisse raffigurato nel film potrebbe essere finito bene per la Dr. Stone.

E per finire…—…Si sappia che i russi non sono stupidi e certamente non gli ultimi arrivati nel business spaziale. Credo che uno possa sostenere che l’hanno inventato loro. Questa catastrofica reazione a catena di detriti spaziali non è realistica così com’è. Che i russi, che hanno tre membri dell’equipaggio sulla ISS tutto il tempo, possano causarla, è una sciocchezza!

C’erano naturalmente molte altre piccole cose, dalla caduta della pressione parziale dell’ossigeno nel modulo di discesa senza perdita complessiva di pressione, a uscire dalla tuta Sokol sott’acqua in pochi secondi (in realtà non è una tuta da togliere rapidamente, come potete vedere nella foto), ma mi fermerò qui da parte mia. Domani riprendo ad addestrarmi io!

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2013/10/11/l-417-riflessioni-conclusive-su-...

L-416: In piscina per preparare una passeggiata spaziale
Inviato il 11 ottobre 2013 da Samantha Cristoforetti

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Johnson Space Center (Houston, USA), 11 ottobre 2013—Di ritorno a Houston e dritta al NBL per un approfondito corso preparatorio della mia sessione nella tuta EMU di martedì prossimo.

Terry e io faremo pratica di diversi compiti relativamente brevi, inclusi dispiegare dei cavi, sostituire e riposizionare una telecamera esterna, preparare un serbatoio di azoto per la rimozione con il braccio robotico, e sostituire un’unità esterna di conversione di potenza.

Mi sono anche immersa nella piscina con il mio istruttore Faruq, per avere una migliore panoramica delle postazioni di lavoro e i percorsi di traslazione. La postazione di lavoro della telecamera sul laboratorio USA è particolarmente impegnativa, perché ci sono pochissimi corrimano per tenersi mentre si lavora.

Allegata c’è una foto della precedente sessione con Terry la primavera scorsa.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2013/10/11/l-416-in-piscina-per-preparare-una-passeggiata-s...

L-415: In attesa della tuta Sokol numero 422
Inviato il 12 ottobre 2013 da Samantha Cristoforetti

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Houston (USA), 12 ottobre 2013—Ho appena finito di riordinare le foto della sessione di preparazione della forma del rivestimento del seggiolino che ho fatto a Mosca la settimana scorsa.

Si è svolta presso le strutture dell’azienda Звезда (Svesda = Stella) nella città di Томилино (Tomilino) alla periferia di Mosca. Звезда fabbrica tute spaziali e rivestimenti dei seggiolini dagli albori del volo spaziale umano, così potrebbe capitare di trovarvi su una bilancia che è stata usata per pesare i cosmonauti fin dal 1961!

Potete vedere le foto dell’intero processo qui.

Basandosi sulla forma e le misure che hanno preso, le brave maestranze di Звезда fabbricheranno per me la tuta Sokol n. 422 e il seggiolino n. 650. L’ho fatta la domanda: perché i numeri non corrispondono? Sembra che la numerazione dei seggiolini a un certo punto abbia fatto un salto a 500 per contrassegnare l’introduzione di un nuovo modello.

Sarò di ritorno in un altro momento nei prossimi mesi per provare la tuta nella camera a vuoto.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2013/10/12/l-415-in-attesa-della-tuta-sokol-num...

L-414: Lo spazio è silenzioso ma la ISS è rumorosa
Inviato il 14 ottobre 2013 da Samantha Cristoforetti

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Houston (USA), 13 ottobre 2013—Oltre alle tute Sokol e i rivestimenti dei seggiolini, come spiegato nella mia nota di ieri, i membri dell’equipaggio della ISS ricevono in dotazione anche dei tappi per le orecchie su misura. Venerdì avevo in programma un controllo finale di adattamento, in cui ho potuto indossarli per un po’ di tempo mentre lavoravo sul mio computer per assicurarmi che fossero comodi.

C’è una versione più semplice passiva e una versione attiva che usiamo per fare i nostri esami periodici dell’udito sulla ISS. Come potreste sapere, la Stazione è piuttosto rumorosa, principalmente a causa del significativo numero di ventole continuamente in funzione per forzare la circolazione dell’aria, e dunque fornire il mescolamento dei componenti dell’atmosfera, la capacità di rilevamento del fumo e, in alcuni casi, il raffreddamento degli equipaggiamenti.

Un altro macchinario molto rumoroso è il tapis roulant T2, specialmente se siete un corridore veloce come Suni che potete vedere nella foto. Io non sono per niente un corridore veloce, ma mi assicurerò ugualmente di indossare la protezione per le orecchie sul T2 come raccomandato dai nostri medici spaziali.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2013/10/14/l-414-lo-spazio-e-silenzioso-ma-la-iss-e-r...

L-413: Operazioni nell’airlock
Inviato il 14 ottobre 2013 da Samantha Cristoforetti

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Johnson Space Center (Houston, USA), 14 ottobre 2013—Oggi è il Columbus Day, una festa nazionale negli USA. Sto facendo un po’ di lavoro per prepararmi all’addestramento sott’acqua di domani nel NBL con il compagno di equipaggio Terry (vedete la nota L-416).

La maggior parte delle sessioni di addestramento nel NBL iniziano nell’airlock, che è naturalmente dove iniziano le reali passeggiate spaziali. Nell’airlock abbiamo un pannello di comando chiamato UIA (Umbilical Interface Assembly, complesso di interfaccia ombelicale) che funge da interfaccia fra la Stazione e le tute EMU fornendo alimentazione elettrica, ossigeno e acqua. Naturalmente non abbiamo un UIA funzionante sott’acqua, ma abbiamo un mockup passivo e periodicamente seguiamo le checklist di depressurizzazione e ripressurizzazione per familiarizzarci con i movimenti.

Per la maggior parte delle operazioni nell’airlock facciamo pratica in un mockup “asciutto” dell’airlock: nella foto potete vedere Terry al lavoro sull’UIA durante una’attività di simulazione.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2013/10/14/l-413-operazioni-nell...

L-412: Una giornata sott’acqua al Neutral Buoyancy Laboratory
Inviato il 16 ottobre 2013 da Samantha Cristoforetti

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Johnson Space Center (Houston, USA), 15 ottobre 2013—Sono appena tornata dal Neutral Buoyancy Laboratory dopo un’altra intensa giornata di addestramento sott’acqua alle passeggiate spaziali con Terry.

Addestrarsi nella tuta EMU implica sempre una giornata molto lunga. Come membri dell’equipaggio, ci presentiamo intorno alle 6:30 del mattino sulla piattaforma della piscina per preparare i nostri attrezzi e completiamo il debriefing intorno alle 5 del pomeriggio. Ma ci sono persone che arrivano molto prima nella mattina per assicurarsi che la struttura, le tute, gli attrezzi, le comunicazioni e l’equipaggiamento di supporto vitale siano pronti per supportare il nostro addestramento e mantenerci al sicuro sott’acqua.

La professionalità e dedizione del team del NBL non smettono mai di sorprendermi!

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2013/10/16/l-412-una-giornata-sottacqua-al-neutral-buoyancy-lab...

To be continued ! [SM=g8278]


Se vuoi volare alto circondati di aquile non di polli !!!



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