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Preparazione alla ISS International Space Station

Ultimo Aggiornamento: 26/12/2014 18:20
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Stellar Nebula
20/11/2014 11:13

L-282: Sotto pressione!
INVIATO IL 15 FEBBRAIO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Star City (Mosca, Russia), 15 febbraio 2014—Ricordate quando sono stata da Svesda lo scorso ottobre per prendere le misure per la mia tuta Sokol e preparare la forma per il rivestimento del mio seggiolino? In caso contrario, vedete le note L-426 e L-415 del diario.



Bene, la settimana scorsa è arrivato il momento di andare a controllare gli esemplari fatti su misura che voleranno nello spazio con me!

È stato piuttosto speciale. Naturalmente, essere in addestramento per volare nello spazio è qualcosa di straordinario ogni giorno. Ma ci sono cose che vi fanno sentire più vicini al vero volo spaziale, che lo rendono ancora più reale: provare la tuta spaziale che indosserò nel viaggio verso la ISS e ritorno è stato certamente uno di quei momenti.

Abbiamo iniziato la giornata con una valutazione iniziale del rivestimento del seggiolino, sia senza sia con la tuta. Nella foto potete vedere gli specialisti che controllavano dietro il mio collo, per assicurarsi che avessi un contatto continuo. È molto importante all’impatto dell’atterraggio per distribuire il carico uniformemente lungo tutta la spina dorsale e il collo.

Poi gli specialisti mi hanno fatta sedere in un seggiolino speciale sospeso e determinato il mio esatto centro di massa rannicchiata nella posizione che assumerò nella Soyuz. Quell’informazione viene passata al gruppo balistico, in modo che possano calcolare il centro di gravità complessivo del veicolo.



Dopo abbiamo proseguito valutando la Sokol alla sovrapressione di 0,4 atm, il che significa nella condizione che avremmo nel caso di una depressurizzazione della Soyuz. Tenete presente che questa è una situazione d’emergenza. A differenza di una tuta per le passeggiate spaziali, la Sokol non è progettata per farvi lavorare in questa condizione: è progettata per darvi la massima destrezza e libertà di movimento quando non è gonfiata e per salvarvi la vita nel caso di una depressurizzazione.



Visto che è un guscio morbido, acquisisce un volume significativo a una sovrapressione di 0,4 atm: diventa ingombrante, rigida e molto più grande, in modo che per esempio avete bisogno di sollevare la vostra spina dorsale se volete mantenere le mani nei guanti. L’espansione porta anche a fare pendere dalle ginocchia la parte inferiore del vostro torso. Infatti, il retro delle ginocchia è tipicamente il punto più critico in termini di possibile dolore e questioni di circolazione. Ma se la tuta ha la taglia giusta, c’è abbastanza spazio per scaricare attivamente una parte di quel peso, alternando le due gambe.



Testiamo la tuta in questa condizione per due ore: questo è il tempo massimo di cui avrebbe bisogno l’equipaggio per ritornare sulla Terra con un rientro d’emergenza dopo aver stabilito che la Soyuz ha una perdita. Non ho avuto alcun problema significativo con la tuta—la maggior parte delle persone piccole come me non ne hanno. Comunque, sono stata contenta quando il test è finito e ho potuto riaprire quel regolatore!

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/02/15/l-282-sotto-pressione/

L-280: Manuale di istruzioni per indossare una tuta spaziale
INVIATO IL 17 FEBBRAIO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI

Star City (Mosca, Russia), 17 febbraio 2014—Oggi un altro po’ di volo manuale della Soyuz e poi una sessione preparatoria per la simulazione Soyuz di domani con la tuta Sokol.

Nei commenti alle note della scorsa settimana mi è stato chiesto come si indossa la tuta Sokol. Infatti, quando la vedete tutta allacciata, non è così ovvio dov’è l’ingresso!

Quindi, ecco qui: una guida visiva passo per passo su come indossare la vostra tuta spaziale! Vedete la descrizione di ogni foto per le corrispondenti spiegazioni.



Qui è come le tute Sokol appaiono quando sono “vuote” e pronte per essere indossate. Come potete già vedere, l’intera parte frontale del torso è aperta ed è così che ci entrate.



Prima infilate i piedi attraverso l’apertura e indossate la parte inferiore della tuta.



Poi infilate le braccia.



Dopo viene la parte complicata, fare passare la testa attraverso l’anello del collo. Mi è stato un po’ troppo facile durante le mie sessioni di addestramento, perché le tute Sokol che ho avuto erano tipicamente un po’ grandi per la mia taglia e ciò rende questa manovra molto più facile. Quando ho indossato la mia tuta fatta su misura la settimana scorsa, ho dovuto fare molta più fatica. Dovete assicurarvi che la parte posteriore della tuta sia il più possibile distesa e poi avete bisogno di infilare la testa mentre spingete in avanti l’anello del collo. All’inizio è complicato, ma dopo un po’ di pratica non è così difficile.



Dopo avere fatto passare la testa attraverso l’anello del collo, questa è la situazione. Avete ancora la parte anteriore completamente aperta e la membrana interna è afflosciata.



Una volta infilata la vostra cuffia delle comunicazioni, fate passare il cavo attraverso l’anello del collo e quindi lo collegate all’interno della tuta.



Poi piegate attentamente la membrana interna della tuta e ci avvolgete intorno due bande elastiche molto strette.



Chiudete la parte dell’addome della tuta.



Dopo chiudete la parte superiore con la cerniera lampo.



E siete pronti! Se è una giornata calda, potreste collegare il tubo di ventilazione a un ventilatore portatile per tenervi al fresco prima di collegarvi al sistema di ventilazione nella Soyuz (o, più spesso, il simulatore della Soyuz).

Foto credit: Gagarin Cosmonaut Training Center, Samantha Cristoforetti

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/02/17/l-280-manuale-di-istruzioni-per-indossare-una-tuta-s...

L-279: Quando avete un incendio e vi è rimasto un solo display di controllo
INVIATO IL 18 FEBBRAIO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Star City (Mosca, Russia), 18 febbraio 2014—Questa mattina una simulazione piuttosto intensa con Anton e Terry, per gestire un incendio nel modulo di discesa della Soyuz.

Il nostro scenario è iniziato appena prima dello sgancio dalla ISS. Prima abbiamo compiuto, come di consueto, un controllo di tenuta stagna del portello, seguito da un controllo di tenuta delle nostre tute Sokol. È quello che stavamo facendo nella foto, fra l’altro, come potete forse intuire dalle tute gonfie. Se ve la siete persa, potete leggere qualcosa sul controllo di tenuta delle Sokol in questa nota del diario.

Appena dopo esserci staccati dalla Stazione, abbiamo iniziato a vedere del fumo proveniente dal pannello di controllo. Abbiamo immediatamente chiuso i caschi e spento la ventilazione nelle tute, per evitare di fare circolare prodotti di combustione tossici. Allo stesso tempo abbiamo aperto l’apposita valvola per fornire ossigeno alle tute dai nostri serbatoi di ossigeno

Abbiamo spento tutti gli equipaggiamenti elettrici, ma naturalmente nella nostra simulazione questo non ha estinto il fuoco: ci siamo dovuti preparare a disperdere tutta la nostra atmosfera nello spazio. E piuttosto rapidamente: con l’ossigeno circolante nelle nostre tute e poi fuori nella cabina attraverso la valvola di regolazione, la percentuale di ossigeno è aumentata rapidamente, avvicinandosi a quel 40% che è considerato un rischio di infiammabilità.

Quando il ritmo è così affrettato, Anton e io lavoriamo in parallelo a diverse procedure. In questo caso mi occuperei della depressurizzazione della cabina, mentre lui inizierebbe il Programma 5 per avere la Soyuz orientata e pronta per l’accensione di rientro. Tuttavia, la giornata aveva un’altra sorpresa per noi: il mio display di controllo si è guastato. Essere rimasti con un solo display ci ha obbligati a eseguire le procedure in sequenza, invece che in parallelo. Inutile dirlo, eravamo di fretta.

Anche i nostri sensori infrarossi si sono guastati, il che significa che Anton ha dovuto orientare la Soyuz manualmente e, avendo le mani impegnate, non poteva inviare alcun comando o modificare il formato sul suo display. In quel momento ho provato un piccolo strumento che non avevo mai usato prima: un piccolo “telecomando”, con cui potevo muovere il cursore sul display di Anton e inviare il comando “Enter”. Non il modo più veloce, ma oggi ha funzionato per noi!

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/02/18/l-279-quando-avete-un-incendio-e-vi-e-rimasto-un-solo-display-di-co...

L-278: Vita da astronauta: passare la giornata sdraiati e chiamarlo addestramento!
INVIATO IL 19 FEBBRAIO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Star City (Mosca, Russia), 19 febbraio 2014—Una delle cose buone di essere un astronauta è che potete rimanere sdraiati sulla schiena tutto il giorno e chiamarlo addestramento. Oggi ho passato otto ore sdraiata su un seggiolino Soyuz: prima per una simulazione di quattro ore, poi per il docking manuale e infine per la discesa manuale. Generalmente ci addestriamo a quest’ultima su una sedia normale, ma questa settimana il pannello di controllo è installato nella centrifuga per gli esami del prossimo equipaggio in partenza, proprio come è accaduto quella volta in L-423.

Per la nostra ultima sessione al simulatore in questo viaggio di addestramento a Star City, Anton, Terry e io abbiamo pilotato un paio di volte il rendezvous con la ISS: una volta in base al rendezvous veloce in quattro ore e una con il vecchio profilo in due giorni. I primi equipaggi che hanno volato con il nuovo schema veloce l’anno scorso in realtà hanno dovuto passare gli esami per entrambi. Ora il rendezvous veloce è ufficialmente diventato la modalità nominale, così avremo un solo esame sull’ascesa e il rendezvous e lo svolgeremo proprio come in un giorno reale: inizieremo con il profilo in quattro orbite e saremo pronti a passare al piano di backup in due giorni se un malfunzionamento ci obbligherà a farlo. Potrebbe essere un problema con il computer, con le accensioni del motore o con la determinazione del vettore di stato da terra—o veramente qualsiasi problema, grande o piccolo, su cui Mosca decida di prendersi un po’ di tempo per lavorare prima di mandarci su una traiettoria verso la Stazione.

Così, ecco completato questo viaggio a Star City. Abbastanza incredibilmente, la prossima volta che mi troverò in Russia sarà per un po’ di addestramento finale e poi gli esami di certificazione come i backup di Maksim, Reid e Alex. E dopo andrò in Kazakistan per vedere il lancio di quei ragazzi—ed essere pronta nel caso estremamente improbabile in cui dovessimo essere lanciati al loro posto. Non riesco a credere che stia arrivando così presto.

Mi mancherà pilotare la Soyuz nelle prossime sei settimane, ma avrò dell’altro addestramento interessante a tenermi impegnata a Tsukuba, Houston e Colonia. La prossima nota del diario lunedì dal Giappone!

Foto credit: Gagarin Cosmonaut Training Center (docking manuale)

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/02/19/l-278-vita-da-astronauta-passare-la-giornata-sdraiati-e-chiamarlo-addest...

L-273: Capire quando è il momento di passare l’aspirapolvere
INVIATO IL 24 FEBBRAIO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Tsukuba Space Center (Tsukuba, Giappone), 24 febbraio 2014—Questa settimana sono in Giappone per l’addestramento alla Japanese Space and Exploration Agency (JAXA, l’agenzia spaziale giapponese), in particolare presso le strutture situate a Tsukuba, una città universitaria e scientifica non distante da Tokyo.

Come certamente sapete, la JAXA è un importante partner del programma ISS. Nella foto potete vedere il contributo significativo della JAXA alla Stazione: il laboratorio giapponese JEM, conosciuto anche come Kibo, con attaccato il modulo di stivaggio più piccolo JLP. JEM ha anche un magnifico balcone, la JEM Exposed Facility (JEF, struttura esposta di JEM) e perfino un suo braccio robotico, il JEMRMS (JEM Robotic Manipulator System, sistema manipolatore robotico di JEM).

Terry e io siamo qui per completare il nostro percorso di addestramento sui sistemi di JEM e JEMRMS e per prepararci come i backup della Expedition 40/41, cioè Alex e Reid. Questo include l’addestramento al loro complesso di esperimenti, ma non comprende l’addestramento su HTV, visto che non è in programma che il veicolo cargo giapponese sia sulla ISS durante il loro incremento. Chi lo sa, potremmo ancora avere un HTV nel nostro incremento primario. In quel caso riceveremmo l’addestramento la prossima estate, quando saremo di ritorno per un viaggio conclusivo in Giappone.

La giornata di addestramento di oggi è stata principalmente dedicata a un ripasso dei sistemi di JEM, di cui avevo un gran bisogno dal momento che ho ricevuto il mio addestramento iniziale su JEM nell’agosto del 2012. Ho seguito anche alcuni corsi aggiuntivi sui compiti ECLSS—si tratta dell’Environmental Control and Life Support System (sistema di controllo ambientale e supporto vitale).

Alcuni di quei compiti potrebbero sembrare banali, ma è vitale svolgerli accuratamente se vogliamo mantenere un buon ambiente abitativo sulla Stazione. Uno dei compiti in cui certamente non volete fare pasticci in orbita, per esempio, è misurare la velocità dell’aria che scorre attraverso le griglie di ingresso e uscita nel sistema di ventilazione. Lo facciamo periodicamente con uno strumento dedicato di misura del flusso dell’aria. Perché? Beh, i controllori di volo a terra hanno modelli dell’aspetto che quel campo di velocità dovrebbe avere. Se la velocità del flusso diventa significativamente più bassa, c’è un problema di intasamento nei condotti di ventilazione ed è necessario… beh… usare l’aspirapolvere. L’aspirazione delle griglie esposte è un compito di pulizia settimanale. Ma basandosi sulle misurazioni di velocità il controllo a terra potrebbe pianificare un’attività di aspirazione che vi richiede di aprire dei pannelli o inclinare i rack. A seconda della posizione interessata, quello più diventare un compito laborioso, e certamente non attraente. Ma è così che manteniamo il corretto flusso d’aria nei condotti di ventilazione sulla Stazione.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/02/24/l-273-capire-quando-e-il-momento-di-passare-laspira...

L-271: Okonomiyaki e il braccio robotico giapponese
INVIATO IL 26 FEBBRAIO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Tsukuba Space Center (Tsukuba, Giappone), 26 febbraio 2014—Continua l’addestramento in Giappone, in parallelo a molte esperienze culturali per Terry e me. Per esempio, ieri i nostri colleghi giapponesi Soichi e Kimiya ci hanno portati fuori durante la pausa pranzo per assaggiare la tradizionale frittella salata “okonomiyaki”. Molto gustosa!

Abbiamo avuto altro addestramento su JEM, in particolare sul sistema di controllo termico e alcuni compiti di manutenzione. Per fare pratica con uno di questi, la sostituzione del filtro HEPA nei condotti di ventilazione, siamo dovuti andare nella camera bianca. Questa è una particolarità unica a Tsukuba: le aule, i mockup di JEM e dell’airlock, il simulatore robotico, e perfino il centro di controllo della missione e la camera bianca, sono molto vicini l’uno all’altro!

Oggi abbiamo avuto un corso di ripasso sul RMS di JEM, il braccio robotico che è installato sulla Exposed Facility (struttura esposta) di JEM ed è controllato dagli astronauti da JEM. Potete vederlo nella foto in un’attività in collaborazione con SSRMS, che è il braccio robotico più grande della Stazione, noto anche come Canadarm2.

Riceviamo molto addestramento al pilotaggio di SSRMS. Visto che il RMS di JEM è piuttosto simile e il suo inviluppo operativo è limitato all’area della Exposed Facility, non abbiamo bisogno di molto addestramento aggiuntivo. Ma dobbiamo acquisire familiarità con tutte le specificità nella nomenclatura, le procedure e le interfacce di controllo, così come con l’ambiente fisico in cui il RMS di JEM opera, e con le viste dalle telecamere che sono disponibili per monitorare il movimento e lo spazio disponibile verso la struttura.

Foto della Expedition 20. Credit: NASA

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/02/26/l-271-okonomiyaki-e-il-braccio-robotico-g...

L-270: Operazioni robotiche con i controllori di volo
INVIATO IL 27 FEBBRAIO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Tsukuba Space Center (Tsukuba, Giappone), 27 febbraio 2014—Oggi Terry e io abbiamo avuto alcuni corsi introduttivi sui rack di payload (carico utile) della JAXA, che forniscono risorse per eseguire diversi tipi di esperimenti nell’ambiente a microgravità della ISS.

Uno dei rack è Saibo, che in giapponese significa “cellula vivente”. Proprio come il rack Biolab nel laboratorio Columbus dell’ESA, Saibo fornisce un ambiente per condurre esperimenti di scienze della vita, per esempio riguardanti le piante o le colture cellulari.

La temperatura, l’umidità e il contenuto di CO2 dell’atmosfera sono controllati e monitorati continuamente. Saibo, proprio come Biolab, include anche una centrifuga: in questo modo, mentre una parte dei campioni sono esposti all’assenza di peso, un gruppo di controllo a 1G può essere messo nella centrifuga, che ricrea le condizioni di “peso” della Terra.

Nel pomeriggio Terry e io abbiamo partecipato a una simulazione robotica molto interessante in cui abbiamo provato l’interazione con il centro di controllo della missione di Tsukuba con un vero J-COM, il capcom giapponese. Tami, il nostro J-COM di oggi, poteva contare sull’aiuto di un controllore di volo di JEM (J-Flight) e un controllore robotico di JEM (KIBOTT). Quest’ultimo è stato particolarmente importante quando ci siamo imbattuti in malfunzionamenti che hanno fatto bloccare il braccio.

Nella nostra simulazione di oggi abbiamo fatto pratica con lo spostamento di un payload esterno da una posizione a un’altra della Exposed Facility. Nella foto potete vedere come appare un tipico payload: è l’elemento che spunta fuori a sinistra e verso il pannello solare (anche se il pannello è in realtà molto più indietro).

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/02/27/l-270-operazioni-robotiche-con-i-controllori-...

L-269: Come gli astronauti supportano il rilascio dei CubeSat
INVIATO IL 28 FEBBRAIO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Tsukuba Space Center (Tsukuba, Giappone), 28 febbraio 2014—Oggi un corso molto d’attualità per Terry e me alla JAXA. Appena poche ore fa sulla ISS è stato rilasciato l’ultimo gruppo di CubeSat dal braccio robotico giapponese (JEM RMS) e oggi siamo stati addestrati proprio su quello: le operazioni dell’equipaggio a supporto di questi rilasci.

Infatti, sembra che il JEM RMS sarà molto impegnato a lanciare nanosatelliti nei prossimi anni. È un ottimo modo per mettere in orbita dell’hardware piccolo e relativamente semplice a un costo accessibile!

Quindi, come vengono rilasciati i nanosatelliti? Arrivano sulla ISS a bordo di veicoli cargo, montati in una struttura che include non solo il satellite stesso, ma anche il sistema di rilascio: per quanto ne capisco, si tratta di un semplice meccanismo a molla.

Il compito degli astronauti consiste nel montare la combinazione satellite/sistema di rilascio su una piattaforma dedicata, che può essere afferrata dal braccio robotico. Come potete vedere nella foto, il braccio poi si muove in una posizione di rilascio—una che ha senso dal punto di vista della meccanica orbitale—e viene attivato il sistema di espulsione. In un istante, i nanosatelliti sono sulla loro strada per svolgere qualsiasi compito per il quale i progettisti li abbiano costruiti.

Ora potreste domandarvi come la piattaforma con i satelliti arrivi all’esterno della ISS per essere afferrata dal JEM RMS. Beh, il JEM dispone di questa attrezzatura veramente straordinaria: un vero airlock. I membri dell’equipaggio attaccano la piattaforma con il satellite a un’interfaccia, che è montata su una slitta. Fate scorrere la slitta nell’airlock, chiudete il portello interno, depressurizzate l’airlock, fate scorrere fuori la slitta sulla JEM Exposed Facility; quindi rilasciate la piattaforma dalla slitta, ma solo dopo che il JEM RMS l’abbia afferrata.

Dopo che i satelliti sono sulla loro strada, il JEM RMS riporta la piattaforma ora vuota alla slitta, in modo che possa essere portata di nuovo dentro, pronta per il prossimo gruppo di nanosatelliti.

Foto: NASA

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/02/28/l-269-come-gli-astronauti-supportano-il-rilascio-dei-...

L-266: Quando le cose si rompono: la possibile manutenzione di una pompa
INVIATO IL 3 MARZO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Tsukuba Space Center (Tsukuba, Giappone), 3 marzo 2014—Oggi il mio collega Shenanigan Alex si è unito a Terry e me in un corso sui compiti pianificati di manutenzione in volo.

In realtà, sebbene Alex sia appena arrivato in Giappone, credo che potreste dire che siamo noi due ad averlo raggiunto: come suo equipaggio di backup, abbiamo imparato le attività di manutenzione che sono pianificate per l’incremento di Alex quest’estate.

Una delle più importanti è la probabile sostituzione di una pompa di raffreddamento all’interno del laboratorio giapponese JEM. Come gli altri moduli, JEM ha due circuiti di raffreddamento impostati a temperature differenti: l’LTL (Low Temperature Loop, circuito a bassa temperatura) e l’MTL (Medium Temperature Loop, circuito a media temperatura). Ogni circuito ha la propria pompa per far circolare l’acqua di raffreddamento, e nominalmente i circuiti sono separati.

Tuttavia, la pompa JEM LTL si sta comportando male ultimamente. È in corso l’attività diagnostica e i circuiti sono attualmente collegati, con l’acqua che viene fatta circolare solo dalla pompa MTL. Sebbene tutte le operazioni nel JEM possano proseguire nominalmente, questa è una condizione piuttosto scomoda in cui trovarsi, perché non c’è ridondanza. Potrebbe diventare necessaria la sostituzione della pompa LTL con un ricambio.

Come abbiamo imparato oggi, la cosa più complicata in questa operazione è la rotazione del rack Deck 1 per accedere alla pompa. Nel recente fotogramma dalla telecamera di bordo potete vedere il rack ruotato per permettere gli sforzi diagnostici in corso. Ciò che lo rende piuttosto impegnativo in termini di tempo è che un certo numero di condotti di ventilazione che vanno dal rack al cono all’estremità del modulo devono essere scollegati in posti piuttosto difficili da raggiungere. A volte essere un buon astronauta significa trovare la giusta posizione del corpo per raggiungere un bullone in uno spazio ristretto!

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/03/03/l-268-quando-le-cose-si-rompono-la-possibile-manutenzione-di-un...

L-265: Struttura e funzione: perché facciamo crescere i cristalli di proteine sulla ISS

INVIATO IL 4 MARZO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Tsukuba Space Center (Tsukuba, Giappone), 4 marzo 2014—Ultimo giorno di addestramento all’Agenzia Spaziale Giapponese JAXA per me e Terry. Fra molte altre cose, siamo stati addestrati sulla Protein Crystallization Research Facility (PCRF, attrezzatura per la ricerca sulla cristallizzazione delle proteine) nel laboratorio JEM.

Lo scopo della PCRF è sfruttare le condizioni di microgravità sulla ISS per produrre cristalli di proteine grandi e di alta qualità, che vengono poi riportati sulla Terra per l’analisi con la diffrazione a raggi X.

A meno che non abbiate familiarità con l’argomento, vi state probabilmente chiedendo perché ci interessano i cristalli di proteine. Io certamente l’ho fatto, prima che mi sia stato spiegato oggi. Quindi, ecco cosa ho capito.

Le proteine ci interessano molto. Tutto ciò che avviene nel nostro corpo è regolato da proteine—circa 100.000 tipi diversi, continuamente assemblate nelle nostre cellule secondo le istruzioni codificate nei geni. Così, quando i ricercatori sulla Terra tentano di sviluppare un farmaco che curerà una certa malattia, un approccio è scoprire quali proteine rilevanti sono coinvolte e come funzionano: possono dunque essere sviluppati dei farmaci che agiscono specificamente su quelle proteine.

La cosa buona delle proteine è che la loro funzione e struttura sono strettamente correlate: scopritene la struttura e avrete imparato molto sulla loro funzione. L’altra cosa buona delle proteine è che sappiamo come farle crescere in una struttura cristallina, in altre parole in una disposizione altamente ordinata di molecole. E la prossima cosa buona è che abbiamo un’ottima tecnica, la diffrazione a raggi X, per analizzare la struttura di quei cristalli.

Ora introducete la ISS nell’equazione, un luogo che fornisce un’esposizione a lungo termine alle condizioni di microgravità. I cristalli di proteine che possiamo far crescere sulla ISS sono più grandi e di migliore qualità dei cristalli che possiamo coltivare a terra: la successiva analisi attraverso la diffrazione a raggi X fornisce una comprensione molto migliore della struttura della proteina. Ancora, conoscete la struttura, conoscete la funzione—che a sua volta è il passo necessario per sviluppare nuovi farmaci per curare malattie.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/03/04/l-267-struttura-e-funzione-perche-facciamo-crescere-i-cristalli-di-proteine-su...

L-263: Un’esperienza straordinaria in Giappone. Grazie amici della JAXA!
INVIATO IL 6 MARZO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Houston (USA), 6 marzo 2014—Ieri ho viaggiato in aereo da Tokyo a Houston—un mercoledì molto lungo, lungo 39 ore. Mentre viaggiavo verso est attraverso la Linea internazionale del cambio di data, ho “guadagnato” un giorno intero.

La mia permanenza in Giappone è stata semplicemente incantevole. Sì, l’addestramento ISS è molto standardizzato e alla fine non c’è grande differenza nell’imparare sui circuiti di raffreddamento del JEM in Giappone, su Columbus in Europa o sui moduli americani a Houston. Ma un viaggio di addestramento in Giappone è anche un’esperienza culturale quasi travolgente. Sfortunatamente non parlo nemmeno un po’ di giapponese, così non posso nemmeno iniziare a scalfire la superficie di questa ricca cultura. Ma anche senza capire molto, è affascinante: è impossibile non rimanere commossi dall’ospitalità del Giappone o affascinati dalla sua sofisticata cucina, con la varietà dei suoi ingredienti e pietanze e l’eleganza del servizio e della presentazione. Siete portati ad ammirare la ricerca della perfezione, l’attenzione a ogni minimo dettaglio in tutte le cose. E la dolcezza, gentilezza, disponibilità ad aiutare con cui la gente vi accoglie sono difficili da uguagliare. Un grande grazie ai nostri colleghi della JAXA per averci fatti sentire così benvenuti. Nella foto potete vedere alcuni di loro durante la nostra visita alla sala di controllo di missione SSIPC (Space Station Integration and Promotion Center, centro di integrazione e promozione della stazione spaziale) del JEM.

Ora è il momento di ricominciare l’addestramento qui a Houston! Dopo una mattinata libera per riposarmi dal volo, questo pomeriggio avrò una riunione di aggiornamento sull’addestramento e un incontro per foto e riprese TV.

Foto: ESA/Corvaja

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/03/06/l-263-unesperienza-straordinaria-in-giappone-grazie-amici-del...

L-261: Sollevamento pesi in stile ISS, fotografia della Terra e operazioni antincendio
INVIATO IL 8 MARZO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Houston (USA), 8 marzo 2014—Ieri ho avuto la mia prima giornata piena di addestramento al Johnson Space Center in questo viaggio.

Prima mi sono allenata sull’ARED per fare pratica di “sollevamento pesi” con questa macchina singolare. ARED sta per Advanced Resistive Exercise Device (macchina per l’esercizio resistivo avanzato)—ne ho parlato qui, se ve lo siete perso.

Un tipico allenamento con l’ARED consiste di sei esercizi e i membri dell’equipaggio sulla ISS ripetono ciclicamente sequenze diverse. Ieri, per esempio, abbiamo eseguito squat (piegamenti sulle gambe), deadlift (stacchi da terra a gambe piegate), romenian deadlift (stacchi da terra a gambe tese), heel raise (calf, sollevamenti dei polpacci), shoulder press (spinte) e bent over row (rematore con bilancere).

Più avanti nella giornata mi è stato presentato il software World Map, che è caricato su molti laptop in supporto alla fotografia della Terra. Supponiamo che vogliate fotografare un luogo particolare sulla Terra, per esempio un vulcano: potete creare un “bersaglio” in World Map o selezionandolo sulla mappa, o attraverso le coordinate geografiche. Il software può poi calcolare per voi le previsioni dei passaggi: quando apparirà nel vostro campo di vista quel bersaglio? quanto durerà il passaggio? sarà giorno o notte? sotto quale angolo lo vedrete? Come potete immaginare, queste sono informazioni preziose per le operazioni di Osservazione della Terra!

Per finire ho avuto un corso di ripasso sulla risposta all’emergenza incendio, in preparazione a una simulazione programmata per le prossime settimane per Terry, Anton e me. Il punto centrale è stato un’applicazione software relativamente nuova che ci aiuta a localizzare un incendio nascosto dentro un rack, nell’identificare gli equipaggiamenti che dovrebbero essere spenti e, se necessario, in quale apertura di spegnimento del fuoco dovremmo inserire l’estintore.

La foto è stata scattata durante una precedente simulazione di emergenza incendio l’anno scorso. Lo strumento è un dispositivo per la misura della concentrazione dei prodotti di combustione (foto: NASA).

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/03/08/l-261-sollevamento-pesi-in-stile-iss-fotografia-della-terra-e-operazioni-anti...

L-259: Pupille dilatate, la catena del freddo e prelievi di sangue
INVIATO IL 11 MARZO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Johnson Space Center (Houston, USA), 10 marzo 2014—Oggi ho molte cose in ballo al Johnson Space Center.

Per prima cosa al mattino un paio d’ore di visita agli occhi: in parte è un requisito annuale e in parte collegato al gruppo aggiuntivo di esami medici a cui dobbiamo sottoporci prima di un volo spaziale di lunga durata. Non è il mio esame preferito, perché richiede di indurre una dilatazione delle pupille con delle gocce speciali. Per alcune ore successive gli occhi sono piuttosto sensibili alla luce ed è difficile leggere.

Fortunatamente la mia vista era tornata quasi alla normalità al momento in cui avevo un corso pratico di flebotomia: grazie al mio connazionale Luca, che lavora qui al JSC e oggi si è offerto volontario per farmi prelevare il suo sangue due volte!

Ho dovuto usare gli occhi e muoverli molto rapidamente fra le viste dalle telecamere anche nel mio ultimo corso, un ripasso sul pilotaggio del braccio robotico in supporto a una passeggiata spaziale. Abbiamo eseguito parte della procedura che Koichi ha usato sulla ISS lo scorso dicembre in supporto alle EVA d’emergenza per la sostituzione del modulo della pompa. Se ve lo siete persi, qui potete leggere un po’ di più sul supporto robotico alle EVA, in particolare quello che chiamiamo GCA.

Nel mezzo ho avuto anche un corso sulle operazioni di immagazzinamento al freddo. Abbiamo molte necessità di stivaggio a bassa temperatura sulla ISS, sia per la scienza sia per gli esami medici, visto che preleviamo regolarmente campioni di sangue e orina che devono essere conservati e poi riportati a Terra per l’analisi. Nella foto potete vedermi mentre faccio pratica nel lavorare con il Melfi—in realtà solo un’unità rappresentativa. Il vero Melfi ha diverse di quelle unità freezer e abbiamo tre moduli Melfi a bordo. Li impieghiamo anche per riporre degli imballaggi freddi, che a loro volta usiamo per evitare di interrompere la catena del freddo quando i campioni devono essere riportati a Terra.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/03/11/l-259-pupille-dilatate-la-catena-del-freddo-e-prelievi-di...

L-258: Ancora in tuta EMU, ma una piuttosto diversa
INVIATO IL 11 MARZO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Johnson Space Center (Houston, USA), 11 marzo 2014—Oggi ho avuto l’opportunità di provare una tuta spaziale da volo!

Sono andata allo stabilimento che produce le tute EMU per le passeggiate spaziali per una prova di vestibilità con un’attrezzatura di Classe 1—componenti che non sono destinati all’addestramento in piscina, ma invece allo spazio. Lo scopo era ottenere la configurazione della tuta che userei in orbita, che può differire alquanto da quella nell’NBL, visto che in piscina non fluttuiamo realmente all’interno della tuta. Molta dell’imobttitura che, essendo una persona piccola, uso in acqua per evitare di spostarmi “in basso” all’interno della EMU ogniqualvolta cambio l’orientamento del corpo, non è necessaria in assenza di peso.

È stata anche un’occasione per lavorare con guanti di Classe 1 all’interno della tuta e valutarne l’adattamento. Come potreste ricordare, in passato ho avuto una verifica a parte di tenuta dei guanti nella scatola a guanti.

Una volta completato il controllo di adattamento, abbiamo verificato che potessi raggiungere tutti gli interruttori, le leve e i controlli sulla Display and Control Unit (DCM, unità di visualizzazione e controllo) sulla parte anteriore della tuta, che potessi allacciare i collegamenti ombelicali, sollevare e abbassare la visiera, accendere e spegnere le luci e le telecamere, e aprire la valvola di sfogo, che sostanzialmente crea un’apertura nel casco per scaricare l’ossigeno all’esterno—ma niente paura, il regolatore della tuta è in grado di compensare questa situazione, in modo che venga mantenuta la pressione interna. Potrebbe non essere così importante quando si tratta solo di sovrapressione rispetto alla pressione ambientale, ma è certamente importante nel vuoto!

Come potete vedere nella foto (da un evento passato), spesso manovriamo i controlli con una mano, mentre solleviamo l’altra per usare lo specchio che abbiamo al polso.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/03/11/l-258-ancora-in-tuta-emu-ma-una-piuttosto-...

L-257: Test di equilibrio, volo con il jetpack e controllo del battito cardiaco
INVIATO IL 13 MARZO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Johnson Space Center (Houston, USA), 12 marzo 2014—Oggi un’altra giornata molto varia, divisa fra l’addestramento e gli esami medici.

Per prima cosa al mattino una breve lezione introduttiva sull’esecuzione dell’esperimento Cardio Ox, uno studio degli effetti cardiovascolari del volo spaziale di lunga durata e della correlazione fra i cambiamenti nel cuore e nelle arterie e gli stress ossidativi e infiammatori. Mentre questi ultimi sono misurati attraverso dei biomarcatori nel sangue e nell’orina, il cuore e le arterie vengono osservati con l’ecografia. Naturalmente non ci sia aspetta che diventiamo esperti nell’eseguire ecografie: saremo guidati remotamente da terra mentre esaminiamo le nostre arterie brachiali e carotidee e il nostro cuore.

In un altro corso ho avuto modo di lavorare con delle attrezzature per EVA ad alta fedeltà e alcune delle unità che potrebbero essere potenzialmente sostituite durante una passeggiata spaziale, se si guastassero. Dalle grandi “scatole” delle batterie che immagazzinano l’energia elettrica dai pannelli solari durante l’insolazione, ai grandi serbatoi che contengono l’ammoniaca per i circuiti esterni di raffreddamento, ai serbatoi dell’azoto per pressurizzare quegli stessi circuiti di raffreddamento, alle unità che forniscono la capacità di liberare quell’ammoniaca nello spazio dalle tubazioni dei radiatori nel caso di un malfunzionamento… e questa è solo una minuscola selezione delle decine di unità là fuori che possono essere sostituite in una EVA.

Mi sono sottoposta anche a un test molto sofisticato del mio sistema vestibolare—sostanzialmente un test di equilibrio, ma uno in cui gli stimoli visivi e percettivi sono attentamente controllati per isolare il più possibile solo gli effetti del sistema vestibolare sull’equilibrio. Ripeterò il test un’altra volta prima del volo e ancora dopo essere ritornata sulla Terra: il sistema vestibolare di tutti è in una forma piuttosto cattiva dopo un volo spaziale di lunga durata.

Per finire, ho avuto un corso pratico sul SAFER, l’unità jetpack (unità di propulsione a razzo) attaccata al retro della tuta EMU che serve a fornire capacità di autosoccorso a un membro dell’equipaggio che dovesse rimanere separato dalla Stazione. Giusto per essere chiari—non è mai stato usato nella realtà (tranne che per scopi di test). A parte il jetpack di George Clooney in Gravity, il SAFER ha molto poco gas. Ecco perché ci addestriamo in un ambiente a realtà virtuale che replica la ISS a volare indietro verso la struttura nel modo più efficiente possibile dal punto di vista del propellente. Nella schermata potete vedere un’immagine di una sessione di realtà virtuale: la riga gialla è la traiettoria di allontanamento dalla Stazione e poi, con l’aiuto di SAFER, di ritorno.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/03/13/l-257-test-di-equilibrio-volo-con-il-jetpack-e-controllo-del-battito-c...

L-254: Sapevate che il 90% delle cellule del nostro corpo non sono umane?
INVIATO IL 15 MARZO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Houston (USA), 15 marzo 2014—I requisiti medici e l’addestramento sul payload stanno saltando fuori sempre più frequentemente nella mia agenda. Addestramento al payload, fra l’altro, è come chiamiamo l’addestramento agli esperimenti. La ricerca scientifica e lo sviluppo tecnologico sono le ragioni per cui esiste la ISS, quindi ecco il nostro payload!

Per esempio, giovedì ho avuto un briefing sull’esperimento “Microbioma”. Sapevate che 9 cellule su 10 nel corpo umano sono in realtà… non umane? Appartengono a microorganismi che vivono all’interno del nostro corpo e della pelle e costituiscono quello che chiamiamo microbioma. La maggior parte sono benefiche per noi: facilitano la digestione, forniscono la vitamina K, potenziano la funzione immunitaria e altro. Come i cambiamenti del microbioma influiscono sulla nostra salute è in realtà un tema piuttosto caldo proprio ora nella ricerca medica. Questo esperimento sulla ISS studierà come il microbioma è influenzato dal volo spaziale di lunga durata.

Il protocollo “microbioma” prevede la raccolta di campioni di orina, feci e saliva a certi intervalli prima, durante e dopo la missione. Vengono raccolti anche batuffoli passati sul corpo per indagare sulla popolazione dei microorganismi sulla superficie della pelle.

La raccolta di campioni è spesso condivisa fra gli esperimenti. Per esempio, questa settimana sto facendo la raccolta della saliva ogni mattina non solo per “Microbioma”, ma anche per “Marcatori Salivari”, che studia lo scompenso del sistema immunitario durante il volo spaziale

I cambiamenti nella forza dei muscoli sono invece l’oggetto di un requisito medico. Facciamo misure della forza massima attraverso diverse articolazioni alcune volte prima e dopo il volo spaziale, per avere dati quantitativi sulla perdita di forza e il tempo di recupero. Nella foto potete vedere la disposizione per misurare la forza attraverso il ginocchio.

Ora passiamo a un avviso di interruzione: guardando il mio programma di addestramento nel prossimo paio di settimane, sembra che sarò così impegnata che non avrò la possibilità di scrivere il Diario di Addestramento. Ma tornerò presto! Nel frattempo, cercherò di postare aggiornamenti più brevi su Twitter. Se siete su Twitter, mi troverete come @AstroSamantha. Scusate per la Loss Of Signal (perdita di segnale) non pianificata. Ci vediamo dall’altra parte!

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/03/15/l-254-sapevate-che-il-90-delle-cellule-del-nostro-corpo-non-son...

L-242: Affrontare le emergenze della tuta in una passeggiata spaziale
INVIATO IL 28 MARZO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Johnson Space Center (Houston, USA), 27 marzo 2014—Sono tornata! Mi dispiace veramente per l’interruzione del diario, ma questo paio di ultime settimane sono state realmente molto fitte qui al Johnson Space Center—un programma intenso pieno di molti tipi di eventi: robotica, esperimenti, rassegne dei sistemi, servizi fotografici e riprese TV, simulazioni d’emergenza, scenari di perdite, esami medici, raccolta di dati di base per le ricerche di fisiologia umana a cui parteciperò.

Inoltre, molti corsi di EVA: familiarizzazione con attrezzature ad alta fedeltà, risposta alla malattia da decompressione, risposta alla contaminazione da ammoniaca e un po’ di tempo sott’acqua. Terry e io abbiamo avuto due sessioni in tuta al Neutral Buoyancy Laboratory (laboratorio di galleggiamento neutro). Nella prima abbiamo simulato la sostituzione dell’attuatore all’estremità del braccio robotico, nella seconda abbiamo lavorato al Flex Hose Rotary Coupler (FHRC, accoppiatore rotante del tubo flessibile), un’unità che permette il trasferimento dell’ammoniaca dal traliccio fisso ai radiatori rotanti. L’FHRC è una delle unità più impegnative da sostituire durante una passeggiata spaziale. In realtà, la sostituzione completa richiederebbe probabilmente quattro EVA. Nella piscina abbiamo fatto pratica solo con la EVA numero 3, la rimozione dell’unità di ricambio e la sua installazione, che comprende l’accoppiamento di numerosi impegnativi connettori per i fluidi e l’elettricità all’interno del traliccio. Questa è stata anche la nostra sessione ufficiale di valutazione e siamo passati entrambi!

Nella foto potete vedere un corso che ho avuto oggi. È parte di una serie di eventi in cui esaminiamo gli schemi elettrici della tuta EMU e poi seguiamo una serie di scenari di malfunzionamento. L’istruttore può inserire qualsiasi guasto nel simulatore e noi riceviamo i corrispondenti sintomi sul display della Display and Control Unit (DCM, unità di visualizzazione e controllo), che è collegata all’area del petto della tuta reale. Durante una EVA nominale avreste difficilmente necessità di manovrare la DCM una volta all’esterno dell’airlock, ma questo cambierebbe rapidamente se la tuta avesse qualsiasi tipo di avaria, da cui queste opportunità per acquisire realmente familiarità con le risposte ai malfunzionamenti e tutti i display e i controlli sulla DCM.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/03/28/l-242-affrontare-le-emergenze-della-tuta-in-una-passeggiata-s...

To be continued ! [SM=g8278]


Se vuoi volare alto circondati di aquile non di polli !!!



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