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CYON di Francesco Marchionna

Ultimo Aggiornamento: 16/01/2015 11:46
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16/01/2015 11:46

Racconti di fantascienza




Il sole era calato da tempo. Mi destai richiamato dal flebile suono dell'interfono. Odiavo quel cicalio. Per tutto il tempo della permanenza non l'ho mai sopportato. Sgusciai fuori dal letto e mi diressi verso la finestra.

Pioggia.

Le gocce solcavano la finestra, ticchettando con strana regolarità. Mi dava un senso di pace e rilassatezza. Sapevo, invero, che non sarebbe durata. Ben presto avrei ricevuto visite.

Mi voltai verso la camera. Tran'tee dormiva ancora. Vederla in quello stato mi rendeva fiero. Non riposava così da tempo. Speravo solo non si accorgesse della mia uscita. Era veramente bella quando riposava. La sua pelle pallida, nuda, rifletteva la luce bluastra del neon che si spargeva in tutta la stanza. Le dita affusolate le avvolgevano la gamba. Quella strana posizione fetale la rendeva ancora più affascinante.

Avrei voluto restarle accanto per sempre, per tutta la mia durata. Sperai che fosse veramente così. Pensai che un giorno, quando tutto fosse finito, non ci sarebbe stato più bisogno di nascondersi.

L'interfono gracchiò ancora e questa volta Tran'tee si mosse. L'aveva svegliata. Mi accucciai accanto e le cinsi il fianco col mio braccio. Sorrise e mi pervase un senso di benessere che causò una piccola fuoriuscita di hum'ax. Se ne accorse e mi strinse a sé.

Bussarono.

Mi ritrassi da quell'abbraccio. Con calma mi diressi verso l'entrata, lasciando che la luce del neon si riscaldasse. La placca metallica era gelata, ma non ci feci caso più di tanto e lasciai che questa analizzasse le mie impronte.

In silenzio, la porta di aprì.

L'uomo pronunciò delle parole incomprensibili. Certo, che stupido... Mi portai la mano dietro la nuca, finalmente potevo capire quello che mi diceva.

«Hai dimenticato il collare?» Mi sorrise l'uomo dai capelli neri, tagliati corti e con una vena di sarcasmo nel suo timbro di voce.

«Quando vuoi, sai di essere seccante?» Risposi in tutta sincerità.

L'uomo non smise di sorridere. Anche se l'ora era abbastanza tarda, la sua uniforme era perfettamente scintillante e in ordine. Non si poteva dire lo stesso di me, ero nudo e completamente intontito.

L'uomo mi fece cenno con la mano di seguirlo fuori dalla stanza. Lanciai uno sguardo verso Tran'tee. Troppo tardi mi resi conto che si era destata e mi guardava con quegli splendidi occhi verdi. Si toccò la nuca.

«Tip, hai bisogno anche di me?»

L'uomo si voltò e abbozzò un mezzo inchino. Lo odiavo, in senso buono ovviamente.

«Se questo può farlo concentrare maggiormente, direi che può rivelarsi molto producente.»

Era sul punto di voltarsi, ma puntò il dito verso la mia amata. «Bisognerà regolarlo... Tiptap non fa per me.»

Scossi la testa per la vergogna. Quel nomignolo non voleva proprio sentirlo.

Conoscevo già la destinazione. Fuori dalla stanza c'erano altri due soldati, di sesso differente. Ormai ci avevo fatto l'abitudine. La donna indossava un'uniforme bluastra ed un cappello dello stesso colore che le nascondeva gli occhi. La salutai con un cenno della mano e lei mi sorrise. L'altro soldato, dalla mimetica marrone, imbracciava un fucile d'assalto ed era di guardia alla seconda porta, oltre il corridoio esterno.

«E' arrivato il momento di giustiziarmi, Tip?»

L'uomo chiuse gli occhi e mostrò una strana smorfia. «Ti ho già detto di non chiamarmi così. Ora, finiscila con le stronzate e seguimi.»

«Sei di cattivo umore oggi. Qualche problema di legame?»

«Non sono affari tuoi!» Rispose seccamente.

«Bene, è chiaro che si tratta di questo.»

«Quale parte del non sono affari tuoi era poco chiara?»

Rimanemmo a fissarci per poco tempo. Era evidente che il legame non andava bene...

Tran'tee mi seguì fuori dalla stanza. Troppo tardi mi accorsi della sua nudità.

«Per favore, puoi metterti qualcosa addosso? Sebastien ha già i suoi problemi affettivi da risolvere.»

«Quel maledetto affare non funziona, oppure sei tu a rendere sempre simpatico questo siparietto. La pronuncia giusta è Sebastian o Tep, nessun tiptap o francesismi stupidi.»

«Come sei petulante oggi. Scommetto che la tua amata ti ha cacciato fuori di casa perché a quanto pare di cambiamenti non vuoi sentirne parlare.»

Il soldato donna alzò il pollice ed annuì. Sebastian si accorse che il mio sguardo non era più orientato verso di lui e mi diede le spalle.

«Tutti contro di me? Va bene. Puoi venire anche così Tracy, il vero problema è lui. Guardalo com'è ridotto, ha la pelle a scaglie, la vecchiaia incombe e quel suo becco da pappagallo non lo aiuta...»

«Senti chi parla. Sembra che tu abbia appena ricevuto il premio di consolazione come la scimmia più bizzarra della foresta.»

Peccato per lui che non poté osservare quello che chiamano sorriso. Sebastian sbuffò e alzò la mano in segno di resa.

«Nel caso ve ne foste dimenticati, io sono il Colonnello Wellings, quindi poche chiacchiere o ti farò fucilare.»

«Per avere cosa? Ah, sì. Il più grande encomio per aver ucciso un pappagallo.»

«Avete finito con le stupidaggini?» S'intromise Tran'tee «Siete veramente due immaturi.»

«Ma...» cercò di obiettare Sebastian. Battaglia persa in partenza.

«Due primitivi. Dovete solo ringraziare la pazienza delle vostre amate.»

Che colpo! Ero affondato anch'io sotto quelle parole. Ancor di più quando il soldato donna cominciò ad applaudire. Non era difficile intuire, viste le intenzioni, quale specie sarebbe stata dominante negli anni futuri, in tutta la galassia.

Posta la nostra dignità al pari di uno zerbino, ci dirigemmo lungo il freddo corridoio, verso il montacarichi.

Questa volta la placca di metallo mugugnò qualcosa alla scansione del materiale genetico di Sebastian. Nessun pericolo, le porte si aprirono ugualmente, con qualche imprecazione non meglio decifrabile del Colonnello quando queste ultime si richiusero.

Certi sistemi antichi vengono sempre mal digeriti ed ogni volta credevo di dover sbattere contro il soffitto. L'ascensore continuava a scendere e per passare il tempo cominciai a fischiettare. Gran bel passatempo avevo imparato...

«La smetti di fischiarmi nelle orecchie?» Si coprì il suo apparato auditivo con la mano.

«Fammi capire,» gli dissi «non ti è bastata la batosta dell'altra volta?»

«Se permetti, non sei stato leale. A parità di mezzi sai di non avere speranza.»

«Certo, anche con la tua amata lo sarebbe.»

Lo spazio era risibile e a malapena potevamo muoverci, ciò nonostante, Sebastian non ebbe timore di contrapporsi a me. Gli altri inquilini si lamentarono vistosamente ma l'uomo ormai sembrava non percepire più nulla.

«Senti, non dare a me la colpa della tua gelosia. Ricordati quante volte ti ho salvato il culo lì fuori.»

«Certo, ricordo anche il tuo pianto al mio funerale. Che giornata memorabile!»

«Tu giochi sporco...»

Sentii un forte rumore sordo. Qualcosa nell'ascensore si era incrinato. Vidi il pugno di Tran'tee sulla parete dietro di noi. Il metallo si era piegato.

«Voi due...»

«Ho capito Tracy. Cyon ti dispiace non importunare le ragazze?»

Mi avvicinai al suo orecchio per parlare più in sottovoce. «Sono abbastanza suscettibili.»

Il viaggio verso i sotterranei proseguì in totale silenzio, rotto solo dal ronzio provocato dal mezzo di trasporto. Finalmente il supplizio cessò. Le porte si aprirono ed io fui felice di uscire da quella specie di loculo. In verità, ricordai la permanenza nella bara, durante il mio funerale, ma ormai era storia vecchia.

«Sala sei, in attesa di addestramento!» Urlò l'interfono.

«Bene, Sebastien, non hai voluto farmi vestire per avere qualche possibilità, comunque vada, non ti affetterò, stai tranquillo.»

Tep sorrideva e si appoggiò accanto ad un cilindro di metallo alto un paio di metri. Con la mano bussò sulla superficie. Non era giusto.

«Sebastien, non dirmi che...»

«Ebbene sì, vecchio mio. Non vedo perché dovrei sudare solo io.» Continuò a sorridere.

«Sai bene che io ho molta più resistenza di te, quindi questo pretesto non ti servirà per...»

«Sta' zitto e preparati per la telepresenza!»

Ebbene, nemmeno durante l'addestramento potevo essere me stesso. Forse perché a Sebastian dava tanto fastidio perdere. Tra l'altro era stato abituato a non vincere. Aveva perso tutto ciò che aveva, ma... diamine, stavo diventando troppo sentimentale.

Tran'tee incrociò le braccia; sembrava quasi seccata da quel mio comportamento fanciullesco e privo di ogni dignità. Appoggiai il mio viso al suo e solo allora si tranquillizzò. A dire il vero lo fui anche io...

Seguii il mio tutor nella stanza della telepresenza, pronto ad essere infilato nel mio loculo.

La teca di vetro si aprì e mi apprestai a prendere posizione. Mi furono applicati i soliti sensori sulle tempie. Successivamente fui collegato insieme al resto del mio corpo alle sottili fibre di circuiti che si estendevano per tutto il vano.

Il tutor alzò il pollice per confermarmi la positività delle operazioni. Con ogni probabilità sarei stato di pessimo umore per tutta la durata dell'esercitazione.

«Telepresenza attiva tra dieci secondi.» Confermò la voce metallica. Anche se si trattava di una donna, era orrendamente artificiale.

Rilassai i muscoli e chiusi gli occhi.

«Cinque secondi.»

Scrollai le spalle e maledissi Sebastian.

«Telepresenza attivata.»

Aprii gli occhi per scoprire che tutto intorno a me era buio. Una luce cominciò a filtrare.

Vidi i tecnici che staccavano le fibre di sostentamento e subito dopo fui libero di muovermi. Era come una seconda casa. D'altronde ormai ci avevo fatto l'abitudine. L'unico compianto era quello di non provare alcuna vergogna.

Il soldato donna arrossì lievemente. Tran'tee non si mosse e pareva divertita da ciò che osservava.

Mi diressi verso la parete a specchio di fronte. Mi avevano tenuto in perfetto ordine. Capelli ben tagliati, pelle liscia e pulita dal colore rosa. Muscoli pettorali, bicipiti, addominali, ogni cosa al proprio posto. Tutto rispondeva secondo il programma. Avevo sete. Maledette abitudini...

«Mi date un po' d'acqua per favore?» Riuscii a dire, leccandomi le labbra secche.

«Non ti serve, avevi tutto quello di cui necessiti per vivere quando non ci sei.» Mi rinfacciò Sebastian chiudendosi la cerniera lampo della sua nuova divisa. Nel frattempo aveva provveduto a cambiarsi d'abito ed indossava il classico equipaggiamento da combattimento simulato: tuta aderente nera con venature dorate e casco metallico dello stesso colore. Qualcuno gli porse una corazza da applicare al petto, per sicurezza.

Io ero ancora nudo, con il membro che mi penzolava, incurante dei miei propositi. Sapevo il corretto funzionamento della mia forma, ma l'ultima cosa che avrei voluto fare era accoppiarmi con qualcuno della specie, nella maniera tradizionale.

«Qualcuno può aiutare l'Orgàli a non far arrossire le signore?»

Mi guardai in basso. Effettivamente quel muscolo viveva ancora di vita propria ma sapevo come fare.

«Portatemi anche un sacchetto di ghiaccio!»

«Non hai ancora contusioni, sta' tranquillo.» Ridacchiò Tep.

«Dovresti esserne contento invece quando cadrai in ginocchio...»

«L'unica cosa di cui non sono contento è che hai passato troppo tempo ad imparare il nostro linguaggio.» Rise di gusto.

Il soldato donna si voltò dall'altra parte con una vena di gelosia, mentre mi aiutavano a rivestirmi.

Chissà perché la mia divisa doveva essere tanto diversa. Mi piaceva il colore nero, invece mi fu affidata una corazza bianca e lucida, in simil-pelle. Invero si trattava di un materiale elastico, resistente, il quale si amalgamava ai muscoli, in modo da lasciarmi ampia libertà nei movimenti.

Ci avvicinammo ad un'ampia porta di metallo scuro ed attendemmo istruzioni.

Sebastian si sistemò la sua arma primaria, un fucile d'assalto, dietro la schiena. Controllò se le due pistole alla cintola fossero cariche e le ripose nelle rispettive fondine.

A me fu dato un analogo fucile con dei caricatori. Alquanto strano. Le munizioni erano al titanio...

«Cos'altro ci aspetta quest'oggi? Liberiamo un VIP? Uccidiamo i cattivi? Diamo sfogo alle nostre fantasie sessuali? Ormai non mi stupisco più di nulla.»

Tep mi guardò con un'espressione neutra, segno di alta concentrazione.

«A dire il vero, non sono a conoscenza dell'obbiettivo, ci verrà rivelato una volta dentro. Questo è per giudicare il nostro grado di preparazione in relazione a qualsiasi evenienza. Pronti sempre a tutto!»

Si infilò il casco metallico e mi porse il pugno.

«Pronti sempre a tutto!» Replicai dandogli un colpo sul pugno.

La porta si aprì con uno scatto secco e mi sistemai il casco per non correre rischi. L'interno era buio e non potevo scorgere nessun tipo di particolare. Avevo un senso di inquietudine.

Tep scattò per primo, io lo seguii subito dopo. La porta si richiuse con la stessa intensità precedente. Restammo nell'oscurità più totale.

«Sai che ti riterrò personalmente responsabile della mia morte?»

«La tua pellaccia, Cyon, è troppo dura, quindi andrà bene.»

Le nostre voci erano diventate metalliche a causa dell'equipaggiamento.

«Non in questa forma. Sei un egoista!»

«Non lamentarti sempre e comunque. Baderò io a Tracy.» Una risata metallica mal s'addiceva alla situazione.

D'un tratto le luci fecero la loro comparsa. D'innanzi a noi si estendeva un corridoio lungo un centinaio di metri, dalle pareti grigie, che si snodava in due strade distinte. A destra c'era una scala che portava al piano inferiore, in senso opposto, una che saliva.

Tep restò impassibile. Mi fece cenno con la mano di proseguire dietro di lui. Alzò lo sguardo appena udì la voce metallica dare istruzioni.

«Livello quattro. Recuperare tessera magnetica e sopravvivere all'assalto.»

Guardai Tep e inclinai da un lato la testa.

«Sopravvivere?» Ero ansioso.

«Dobbiamo trovare la tessera. Scegli, destra o sinistra?»

«Il mio senso di adattamento dice a sinistra.»

«Bene allora, andiamo a destra.»

«Sei sordo? Ho indicato l'esatto contrario!»

«Siccome non è la prima volta che cerchi di farmi ammazzare col tuo senso di adattamento, andremo da questa parte.»

«Tip, sono in telepresenza. Sai bene che se muoio qui, non ci sarà alcuna possibilità di cenare insieme.»

«Hai paura, eh? Tranquillo, nel peggiore dei casi riporterò indietro il tuo corpo e vi seppellirò insieme.»

«Era quello che mi premeva. Vuoi seguirmi?»

«A lei l'onore, ...»

L'ultima parola mi era incomprensibile, chiaramente qualche riferimento poco carino sulla mia persona.

Feci strada, impugnando il fucile con entrambe le mani. Salii con calma la rampa di scala metallica. Il rumore sordo degli scarponi sulle grate accompagnava il nostro cammino.

Giungemmo su un pianerottolo che dava in un ampio salone privo di suppellettili. Uniche vie di fuga, una porta in entrambi i lati.

«Orger'en in arrivo!»

«Pretori? Avete sbagliato programma!» urlai rivolgendomi verso il soffitto, allargando le braccia in segno di resa.

«Muoviti cazzo!»

Quell'ultima parola la capii. Chissà per quale motivo si utilizzava un membro maschile durante uno scontro a fuoco.

Procedemmo lentamente in entrambe le aperture. Tutto riconduceva in un altro atrio illuminato di viola. Vi erano delle teche di vetro, simili a quelle utilizzate per la telepresenza. All'interno di queste c'erano degli umani, collegati alle fibre di sostentamento. Involucri usati per le simulazioni.

«Il codice distruttivo si trova sulla scheda magnetica. Trovatela ed eliminate il progetto.»

Tep era nervoso. «A quanto pare, senza un sistema di adattamento, avevo indovinato! Dobbiamo dirigerci al piano inferiore.»

«Non esattamente.»

Nella penombra riuscii a scorgere una porta nell'angolo più lontano della stanza. Sentivo che la scheda si nascondeva lì. Mi diressi verso quell'obiettivo.

«La scheda è protetta da un Orger'en. Scegliete accuratamente chi dovrà prelevarla.»

Mi voltai verso Sebastian, che nel frattempo rovistava tra le scrivanie, col fucile carico e pronto a far fuoco.

«Dobbiamo scegliere il carnefice? Nessun dubbio, ci penso io nonno!» Esclamai, facendo riecheggiare la mia voce artificiosa per tutta la stanza.

Tep si adagiò su una scrivania, col fucile sulle gambe e braccia incrociate. «Prego, è tutto tuo.»

Inclinai la testa prima da un lato e poi dall'altro, avvertendo scricchiolii e mi preparai allo scontro.

«Papà sta arrivando, su fai il bravo e dammi la chiave bel...»

La porta si aprì e comparve Tran'tee. Tep ebbe uno scossone e si ricompose in assetto da combattimento.

«Spara!» Urlò con voce profonda. «Cazzo, spara!»

Restai pietrificato. Non potevo sparare alla mia amata. I proiettili erano veri, cosa si aspettavano, che la uccidessi per superare l'esame?

Buttai a terra il fucile. Fu un attimo interminabile. Ascoltai le urla di Tep, ma non capii cosa stava dicendomi. Allargai le braccia per arrendermi a lei. Non mi interessava l'addestramento o le simulazioni. Non volevo far del male a nessuno di quelli a cui tenevo.

Le cose però non vanno mai nella direzione giusta. Tran'tee fece fuoriuscire una vor'ax dal suo avambraccio. La vidi effettuare un fendente verso il mio stomaco. Mi sentii spinto da un lato. Qualcuno gemette al posto mio.

Tep cadde in avanti, il suo fucile a poca distanza da lui. Io annaspavo sul pavimento e scuotevo il capo. Non era possibile che la mia amata volesse uccidermi, non lo accettavo. Avrei aspettato lì fino a quando la sua lama non avesse affondato nella mia carne. Preferivo morire piuttosto che reagire.

Superò le mie caviglie e si preparò al colpo finale.

“Non temere, mia adorata, ci rivedremo nuovamente.”

Chiusi gli occhi.

Uno sparo.

Il peso del corpo di Tran'tee si riversò su di me. Non usai molta forza per sollevarla dal mio corpo. Osservai Tep, con la canna della pistola ancora fumante, mentre respirava a fatica.

Il suo casco aveva subito danni, potevo vedergli una parte dell'occhio destro, attraverso lo strato metallico.

Si rialzò, non senza sforzi, mentre io rimasi ancora supino, guardando la carcassa, ormai senza vita, del Pretore.

«Sei uno stupido, Cyon!»

«Lei...» Indicai Tran'tee.

«Non è lei idiota. Hanno usato il suo aspetto per verificare la tua reazione.»

«Come fai ad esserne così sicuro?»

«Non cercherebbe mai di ucciderti, ma tu sei così idiota da pensarlo! Ora, solleva quel tuo culo dal pavimento e prendi la scheda dalle sue membra. Non abbiamo ancora finito!»

Mi rimisi in piedi e gli passai accanto, andando a recuperare la mia arma, assieme alla sua. Gliela consegnai e senza smettere di camminare lo oltrepassai. Lui mi seguì con lo sguardo e ricaricò simultaneamente l'arma, senza nemmeno osservarla.

Mi chinai sul corpo ormai senza vita di Tran'tee per recuperare la scheda. Cominciai a levarle l'esoscheletro in modo da denudarla. Era perfettamente identica a lei, la sua pelle, il suo profumo, il suo viso...

«Se fosse accaduto a te, come avresti reagito?» sussurrai dolcemente.

«Non è accaduto.»

Mi rialzai di colpo e lo fronteggiai.

«E' una domanda! Ecco il tuo maledetto codice.»

La mia mano si scontrò contro la corazza protettiva di Tep. Lui abbassò lo sguardo e me la sfilò di mano.

«Finiamo l'addestramento senza restarci secchi.»

«Voglio solo sapere cosa faresti in una situazione analoga, Tip.»

«Non hai ancora compreso l'utilità di questa simulazione. Se fosse capitato nella realtà, tu saresti morto, hai capito? Morto!»

«Io sarei onorato di morire per mano sua.»

«Non dire stronzate. Non c'è onore nella guerra, ricordalo, così come lo comprendono i tuoi simili. La tua fortuna è di non ritrovarti Tyler in squadra. Cazzo quella donna oltre a ricoprirti di insulti per tutto il giorno, ti avrebbe sparato lei stessa. Ma ormai... ormai...»

Si fermò. Stava ricordando qualcosa, aggiungerei, qualcosa di non molto bello.

Si mosse per configurare un terminale e iniziare il conto alla rovescia.

«Tip, parlami per favore. Quando ritorni a casa, vedi lei...»

«Non nominare il suo nome!» Mi ammonì rabbiosamente.

A quanto pare non ero il solo ad avere problemi, qualcosa era successo veramente, chissà se più tardi, con calma, me ne avrebbe parlato.

Fu l'ultima cosa che riuscii a ricordare di quella simulazione, prima che la Nuova Guerra ci rimembrasse ulteriori lacrime.


di Francesco Marchionna



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Io gli spazi vuoti li ho sempre riempiti di stelle. Forse anche con una nota ogni tanto e un sorriso.
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