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Impatto fatale. L'asteroide di Chicxulub.

Ultimo Aggiornamento: 11/11/2014 00:16
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11/11/2014 00:16

Noi tutti conosciamo la penisola dello Yucatan come impero della civiltà Maya che conserva alcuni resti archeologici risalenti a più di tremila anni fa. Meta turistica apprezzata da gran parte delle persone è situato nel sud-est del territorio, nella parte nord dell'omonima penisola. Confina a nord con il Golfo del Messico, a est con lo stato di Quintana Roo e a sud-ovest con lo stato di Campeche.

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Ma geologicamente e storicamente parlando lo Yucatan è famoso soprattutto per ciò che accadde 65 milioni di anni fa, periodo in cui i dinosauri spopolavano e dominavano il pianeta Terra.
In quel periodo, tra il periodo Cretacico e quello detto Paleogene, approssimatamene 66,038 milioni di anni fa, in una giornata come tante altre, un meteorite di dimensioni il cui diametro stimato è pari a 12 km (paragonabile per dimensioni a Deimos satellite di Marte) impattò nella penisola dello Yucatan, con il suo centro localizzato approssimativamente vicino al paese di Chicxulub, nel Messico.

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La detonazione che ne seguì fu di una potenza esplosiva pari a circa 5.0×1023 joule di energia, approssimativamente 190.000 gigatoni di TNT, nell'impatto. In confronto, l'ordigno esplosivo più potente che sia stato detonato nella storia, la Bomba Zar, aveva soltanto un potenza esplosiva pari ad un ventesimo di gigatone. Fu un impatto catastrofico di proporzioni mondiali che disturbò l'ecosistema al punto che una gran quantità di piante e animali scomparve per sempre.

Ma quale fu il lavoro dei geologi che portò alla scoperta di questo cratere?

Facciamo un passo indietro nel tempo esattamente nel 1975.
Gola del Bottaccione a Gubbio (Perugia).

Il geologo W. Alvarez nel 1975, durante alcuni studi degli strati di Scaglia Rossa prelevati nella Gola del Bottaccione,trovò una prova (forse la più importante e famosa!) fondamentale per appoggiare la tesi che fu un grande asteroide a causare l'estinzione di massa tra il Cretaceo e il Terziario: la scoperta, attraverso particolari analisi chimiche, di un contenuto anomalo di Iridio nello strato di argilla rossa. L'Iridio è un elemento chimico molto raro sulla superficie terrestre mentre è presente negli asteroidi. La scoperta di questa anomalia dell'Iridio nell'affioramento di Gubbio e anche in Danimarca mise in evidenza che l'anomalia era una caratteristiche globale e non locale. La tesi che fosse stato un asteroide a decretare la fine dei dinosauri divenne sempre più valida.

La Scaglia Rossa è una successione di rocce sedimentarie, individuabile nell'area Umbro-Marchigiana, formata dal deposito di particelle sul fondo del mare in strati approssimativamente orizzontali. In questo caso le particelle sono perlopiù granuli di calcite (carbonato di calcio) derivati da gusci di microrganismi, che formano la roccia sedimentaria chiamata calcare. Successivamente, durante la formazione della catena appenninica, la Scaglia Rossa venne sospinta verso l'alto e deformata, come mostra l'inclinazione di circa 45° degli strati.

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Durante alcuni studi sull'inversione del campo magnetico terrestre, W.Alvarez notò che i microfossili dei foraminiferi (predatori unicellulari che fluttuano presso le superfici degli oceani profondi) presenti nei due strati diversi di Scaglia Rossa corrispondenti al passaggio tra i periodi del Cretaceo e la base del Terziario (Limite KT, per il fatto che i geologi usano la lettera K per simboleggiare il Cretaceo e T per indicare il Terziario) erano alquanto diversi. Mentre i microfossili dei foraminiferi dello strato del Cretaceo erano abbondanti e grandi come granelli di sabbia, i microfossili dei foraminiferi dello strato del Terziario erano invece piccolissimi. Era questo il primo indizio dell'estinzione di massa subita da questi predatori unicellulari in un'epoca remota, indizio appoggiato da altri due fatti:

- la presenza in vari affioramenti a Gubbio di uno strato di argilla rossa (vedi Fig. 4) spesso circa un centimetro e privo di fossili, tra l'ultimo strato di calcare con foraminiferi del Cretaceo e il primo strato di calcare contenente i foraminiferi del Terziario;
- l'estinzione dei microfossili marini che segnava il Limite KT nei calcari di Gubbio era all'incirca contemporanea alla famosa estinzione dei dinosauri.

Un particolare dell'affioramento del Livello KT nella Valle della Contessa: lo strato di argilla rossa spesso 1-2 centimetri (indicato dalla freccia) posto tra lo strato di calcare biancastro del Cretaceo e gli strati calcarei rossastri del Terziario. Nella foto lo strato risulta scavato a causa dei frequenti prelievi eseguiti da studiosi e curiosi.

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Da quel momento furono raccolte altre prove di cui la più significativa è il ritrovamento del cratere d'impatto (cratere detto Chicxulub), o meglio quello che ne rimane.

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E' del 1991 la pubblicazione di un articolo da parte di un team di scienziati in cui si presentavano gli studi dei rilevamenti gravimetrici condotti fin dal 1950 nello Yucatan dalla PEMEX, azienda petrolifera messicana. L'indagine gravimetrica dello Yucatan ha messo in risalto un'enorme struttura circolare, nascosta sotto la superficie e con centro a Puerto Chicxulub, sulla costa settentrionale, vicino a Merida.

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Di grande importanza fu lo studio dei Cenote,tipi di grotta con presenza di acqua dolce presenti nella penisola dello Yucatan,il cui suolo è composto di carbonato di calcio, che il mare ha eroso con un fenomeno sia carsico che meccanico. Il carsismo consiste nella trasformazione del carbonato di calcio, insolubile, in bicarbonato di calcio, solubile, grazie al contatto con agenti quale l'anidride carbonica che si ottiene da fenomeni di vulcanismo o dall'emissione di alghe. L'erosione causata dal movimento del mare ha aiutato questo fenomeno, e la zolla tettonica dello Yucatan è stata crivellata da una rete di grotte e gallerie, che si sono svuotate con l'emersione.
I milioni di tonnellate di polvere che l'impatto con il meteorite ha proiettato nell'atmosfera hanno oscurato il sole per decenni, causando un'era glaciale. Quando i ghiacci si sono sciolti l'acqua è penetrata nelle grotte creando un sistema di fiumi e laghi sotterranei che tutt'oggi alimenta la regione, permettendo la crescita del secondo polmone verde del mondo dopo la foresta amazzonica. Quest'ultima è una foresta pluviale, quindi caratterizzata da un clima umido e da piante mediamente alte. La foresta dello Yucatan è invece una foresta tropicale secca, caratterizzata da piante più basse ed adatte a crescere su terreni aridi (in tutta la penisola non c'è un secchio di terra, tranne quella dei giardini comprata all'estero e sparpagliata dall'uomo).
Gli alberi, nel cercare l'acqua presente in questo sistema idrico sotterraneo che è il più grande del mondo, fecero franare il terreno dando origine ai cenote, ossia a pozzi naturali che i Maya ritenevano passaggi per l'inframundo.


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Osservando la dislocazione dei Cenote nella penisola dello Yucatan si può notare come essi siano presenti ai bordi del famoso cratere.
Un anello quasi perfetto di sinkhole (doline) o enotes centrati sulla località di Puerto Chicxulub. Questi "sinkholes" erano stati quindi probabilmente causati dalla subsidenza delle pareti del cratere.

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E per finire Nei primi anni novanta, Alan R. Hildebrand, uno studente laureando dell'University of Arizona, visita il piccolo villaggio di montagna noto come Beloc, nell'isola caraibica di Haiti. Stava investigando alcuni depositi dell'epoca Estinzione del cretaceo-terziario che includevano spessi depositi di roccia frammentata e disarrangiata, che erano stati apparentemente rimossi da un certo luogo e sparpagliati e depositati ovunque da un gigantesco tsunami (costituito da onde marine colossali) che molto probabilmente erano state provocate dall'impatto di un piccolo corpo celeste contro la Terra. Questi depositi possono trovarsi in molte località attorno al globo, ma sembrano concentrarsi nel bacino dei Caraibi.

Hildebrand scoprì un tipo di ghiaia colorata in verdastro-marrone contenente un eccesso di iridio, che mostrava anche piccoli granuli di quarzo sottoposti a stress termico e pressorio e piccole sferule di silicio vetrificato che sembravano essere tectiti. Lui ed il suo tutor universitario William V. Boynton pubblicarono i risultati di una ricerca sulla stampa scientifica, suggerendo non solo che i depositi erano il risultato di un impatto asteroidale sulla Terra, ma anche che l'impatto non poteva essere stato distante più di 1.000 chilometri.

Tale circostanza, dal momento che nessun cratere di alcun tipo era noto nel bacino dei Caraibi, risultò di particolare interesse. Hildebrand e Boynton riportarono la loro scoperta ad una conferenza geologica internazionale, suscitando un vivo interesse.

Indizi basati sulla densità del materiale eiettato segnalavano la possibile ubicazione dei crateri d'impatto al largo della costa nord della Colombia oppure vicino all'angolo occidentale di Cuba. Infine Carlos Byars, un reporter del Houston Chronicle, contattava Hildebrand e gli diceva che un geofisico noto come Glen Penfield aveva scoperto quello che poteva essere il cratere da impatto nel 1978, sepolto nella parte nord della penisola dello Yucatán.

In quell'anno, Penfield aveva lavorato per la Petroleos Mexicanos (PEMEX, la compagnia petrolifera di stato messicana), come un membro dello staff per la scansione magnetica aerea della penisola dello Yucatán. Quando Penfield esaminò i dati della scansione, vi trovò anche un netto e gigantesco "arco" sotterraneo nei dati magnetici colmi di rumore di fondo che venivano elaborati. Questo arco, con i suoi estremi che puntavano a sud, presente nel fondo del mare dei Caraibi al largo dello Yucatan non era concordante con quello che ci si poteva aspettare dalla geologia nota della regione. Penfield ne fu intrigato, e riuscì ad ottenere una carta delle variazioni di campo gravitazionale nello Yucatan che era stata eseguita negli anni sessanta e che giaceva impolverata negli archivi della PEMEX. Trovò un altro arco, ma quest'ultimo era nell'entroterra della penisola dello Yucatan, ed i suoi estremi puntavano a nord. Mise a confronto le due mappe e riscontrò che i due archi si riunivano in un cerchio netto, largo 180 chilometri, con il suo centro nel villaggio di Puerto Chicxulub.

Penfield era un astronomo amatoriale ed aveva una buona idea di quello che cercava. Anche se la PEMEX non gli permise di pubblicare dati specifici, consentì sia a lui che al collega Antonio Camargo di presentare i loro risultati in una conferenza geologica del 1981. Sfortunatamente, la conferenza quell'anno fu disertata, ironicamente, perché molti geologi seguivano un "workshop" sugli impatti cometari sulla Terra, e il loro rapporto attirò poca attenzione, anche se riuscì alla fine a giungere a Byars.

Penfield non si arrese. Sapeva che la PEMEX aveva perforato pozzi esplorativi in zona nel 1951. Uno dei pozzi aveva bucato uno spesso strato di roccia ignea nota come "andesite" a circa 1,3 chilometri di profondità. Quella struttura poteva essere stata creata dall'intenso calore e pressioni di un impatto asteroidale sulla Terra, ma ai tempi delle perforazioni era stato liquidato come un "domo vulcanico", anche se una caratteristica del genere risultava fuori posto nella geologia della regione.

Ulteriori studi dei "core" di roccia immagazzinati avrebbero risolto la questione, ma sfortunatamente molti di questi erano andati perduti nell'incendio di un magazzino nel 1979. Penfield prese un aereo per lo Yucatan per vedere se trovava qualcosa delle "tailing" (code) lasciate dalle teste di perforazione. Questa sua idea non risultò proficua, ed in un caso Penfield scavò dentro una porcilaia comunale che era stata ubicata in un sito di deposito delle teste di perforazione, compito da lui stesso raccontato come "spiacevole e infruttuoso".

Comunque, dopo che Hildebrand ebbe contattato Penfield, i due riuscirono a recuperare due campioni separati estratti dai pozzi perforati dalla PEMEX nel 1951. Le analisi mostrarono chiaramente materiali risultanti dallo shock e dal metamorfismo. Gli studi eseguiti da altri geologi dei frammenti trovati a Beloc (Haiti) mostrarono chiaramente che erano il risultato di un impatto asteroidale.

I dati raccolti cominciavano ad essere convincenti, e le ricerche riguardo al cratere d'impatto ricevettero un ulteriore impulso quando un gruppo di ricercatori californiani, comprendente Kevin O. Pope, Adriana C. Ocampo, e Charles E. Duller, iniziò a studiare accuratamente le immagini satellitari della regione.

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L'ammontare dell'evidenza era sufficiente per far salire la maggior parte della comunità scientifica dei geologi sul carro di Penfield, ed ulteriori studi hanno rafforzato il consenso. Infatti, si sono accumulati molti indizi che indicano che in effetti il cratere abbia un diametro di 300 chilometri, e che l'anello di 180 km sia soltanto una "parete interna".


CRONACA DELL' IMPATTO
1)Pochi secondi prima dell'impatto: un asteroide o una cometa, con un diametro almeno di 12 km e alla velocità di circa 50 km/s, sta entrando in collisione con la Terra.

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2) Il momento dell'impatto dell'asteroide che causò l'estinzione dei dinosauri.

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3)Poco dopo, un’immane esplosione provoca una violentissima onda d’urto che spazza via ogni cosa nel raggio di 500 km. La roccia si polverizza, raggiunge gli strati più alti dell’atmosfera, e il pianeta si trasforma in un inferno rovente. la collisione vaporizzò enormi quantità di roccia che oltrepassarono l’atmosfera terrestre. Il rientro del materiale espulso avrebbe riscaldato l’atmosfera superiore a temperature paragonabili a quelle di un forno. La radiazione infrarossa emessa sarebbe stata spaventosa, pari a quella di una bomba all’idrogeno da 1 megatone (equivalente a 80 bombe nucleari di Hiroshima) ogni 6 km circa, su tutta la Terra. Ciò avrebbe scatenato incendi devastanti su scala globale, letali per molti animali incapaci di trovare riparo sotto terra o nell’acqua.


4)La collisione creò un enorme maremoto (tsunami) con onde circa 100 metri. Lo tsunami distrusse tutte le fasce costiere nei pressi del luogo dell'impatto, sommergendo i dinosauri delle zone circostanti.

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5) la collisione vaporizzò enormi quantità di roccia che oltrepassarono l’atmosfera terrestre. Il rientro del materiale espulso avrebbe riscaldato l’atmosfera superiore a temperature paragonabili a quelle di un forno. La radiazione infrarossa emessa sarebbe stata spaventosa, pari a quella di una bomba all’idrogeno da 1 megatone (equivalente a 80 bombe nucleari di Hiroshima) ogni 6 km circa, su tutta la Terra. Ciò avrebbe scatenato incendi devastanti su scala globale, letali per molti animali incapaci di trovare riparo sotto terra o nell’acqua.


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6)Le varie onde di distruzione causate dall'impatto produssero una tale quantità di detriti atmosferici che tutta la Terra ne viene avvolta. Impedendo il passaggio della luce solare, lo strato di polvere fa sprofondare il pianeta nella totale oscurità per anni.

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Io gli spazi vuoti li ho sempre riempiti di stelle. Forse anche con una nota ogni tanto e un sorriso.
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