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Viaggi: Mongolia

Ultimo Aggiornamento: 28/04/2015 19:44
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28/04/2015 19:44

"E' meglio averla vista una volta, che averne sentito parlare mille volte"

Recita così, un antico proverbio mongolo, alludendo ovviamente allo sterminato paese nel cuore dell’Asia, meta ambita dai grandi viaggiatori di ogni epoca, a cominciare da Marco Polo che fu ospite alla corte di Kublai Khan.

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La Mongolia è grande cinque volte l'Italia e ha una popolazione cinquanta volte inferiore alla nostra. Improponibile il confronto delle densità: 190 abitanti per chilometro quadrato per l'Italia, solo 1,3 per la Mongolia.
Le caratteristiche morfologiche e meteorologiche rendono assai ardui gli insediamenti sul territorio mongolo: circa un terzo della popolazione è concentrata nella capitale Ulaanbaatar. Le conseguenze si avvertono anche sul piano sociale: la mortalità infantile raggiunge il 60 per mille (contro l'8 dell'Italia), gli analfabeti sono quasi il 20 per cento.
La Mongolia, schiacciata tra l'ex Unione Sovietica e la Cina, ha quattro zone geografiche distinte: a ovest i monti dell'Altai (dove vive lo straordinario leopardo delle nevi), a nord il territorio della taiga, dei grandi laghi e delle foreste di conifere (si incontrano lupi, orsi, volpi, daini, cinghiali, zibellini), dal centro a est si stendono le steppe (onnipresenti le marmotte e vari ungulati) e la regione degli altopiani, a sud il deserto del Gobi (caratterizzato dalla presenza dei cammelli selvatici). Numerose le specie di uccelli (soprattutto enormi rapaci) e di pesci (salmoni, storioni, trote). La cima più alta è il Tavanbogd (poco più basso del Monte Bianco, 4374 metri), il fiume più lungo è il Selenga (615 chilometri, poco meno del Po) che affluisce nel lago Baikal. Il lago più vasto è l'Uvs Nuur (dieci volte il lago di Garda), ma nella stessa regione settentrionale si stende il meraviglioso Khuvsgul Nuur, il più frequentato anche dal punto di vista turistico dell'Asia centrale.



Il freddo e il vento sono i veri padroni della Mongolia per sette mesi all'anno. Le temperature scendono fino a 40 gradi sottozero nella capitale e a –60 nella taiga. Gli effetti più devastanti si manifestano con lo "zud", il fenomeno che permea di ghiaccio il terreno impedendo alle mandrie di pascolare. Ogni anno si registrano milioni di morti tra bovini e ovini, la principale fonte di sostentamento dell'economia mongola. Sono centinaia le vittime del freddo fra gli uomini. Le condizioni meteorologiche impediscono per diversi mesi all'anno gli spostamenti e anche i soccorsi alle popolazioni colpite. Da giugno ad agosto esplode un’estate gradevolissima, con clima asciutto e salubre e fino a 25-30 gradi sopra lo zero. Anche in questa stagione breve il vento è protagonista: quello fresco del nord e quello tiepido dal Gobi. Vi abituerete a essere sospinti da minuscoli e improvvisi tornado di polvere. I mesi di luglio e agosto sono anche quelli più piovosi: frequenti acquazzoni si abbattono sulla steppa, trasformando spesso le piste in vere e proprie paludi.





Il centro

È l'area con gli scenari più classici della Mongolia: grandi distese di steppe punteggiate dalle bianche gher dei nomadi. Solo tre regioni (Tuv, Uvurkhangai e Arkhangai) per una delle aree cruciali del Paese: la vicinanza con la capitale non toglie il fascino naturalistico ma consente uno sviluppo sociale ed agricolo superiore rispetto alle altre zone. Senza muoversi troppo da Ulaanbaatar, il viaggiatore può immergersi in una natura incontaminata, corsi d'acqua, catene montuose, meravigliosi parchi naturali che custodiscono specie rare di animali e vegetazione, ma anche vestigia del passato (come l'antica capitale Karakorum) e monasteri di estrema suggestione.



Il nord

Sono le regioni appoggiate alla Siberia,
caratterizzate da una ricchissima vegetazione, meravigliosi rilievi con foreste di larici e betulle, animali rari, corsi d’acqua incontaminati, laghi da fiaba come il Khuvsgul, una delle località più ambite della Mongolia. Ma questa è anche la zona più spirituale, riassunta nello spettacolare monastero di Amarbayasgalant, o nelle pratiche sciamaniche qui diffusissime grazie alla massiccia presenza dell’etnia buriata, la stessa del poco distante lago Bajkal, culla mondiale degli sciamani. Nelle regioni settentrionali, anche se spostata più a est, abbiamo ricompreso il Khentii, terra legata a filo doppio a Gengis Khan: al di là delle memorie storiche e leggendarie, uno scenario naturale fantastico. Il freddo glaciale dell’inverno si contrappone allo splendore della primavera con fiorite che tolgono il fiato in tutta la Mongolia, ma soprattutto nel Nord.



L'est

Infiniti mari d'erba caratterizzano questo estremo territorio orientale, che comprende due vaste e solitarie regioni, il Dornod e Sukhbaatar. Generalmente si tende a inserire nell'Est anche l'aimag del Khentii che però, per caratteristiche morfologiche e antropologiche, è più corretto inserire nella zona Nord, delle foreste e dei corsi d'acqua. L'Est è invece soprattutto depressioni di steppa disabitata, se non da rari e ospitali nomadi e da animali selvatici e rari. Quasi inesistente il turismo, anche per l'assenza di strutture ricettive minime e di stazioni di carburante. Un motivo in più per scoprire alcune località stupefacenti e sconosciute.



L'Altai

Contrasti estremi, montagne eternamente innevate che superano i quattromila metri, laghi solitari che sembrano mari improvvisi, vallate verdi mescolate al deserto, decine di etnie tra cui prevalgono i kazaki musulmani: l'Altai è un vero mosaico di scenari naturali e umani senza paragoni. Impervio da raggiungere, se non con gli avventurosi voli interni, questo territorio comprende tre aimag: Bayan-Ulghii, Uvs e Khovd. Qui sono conservate tradizioni milllenarie come la spettacolare e cruenta caccia con le aquile.



Il Gobi

Il deserto del Gobi è uno dei luoghi più desolati, misteriosi e affascinanti del pianeta. L'escursione termica è di quasi cento gradi centigradi passando dagli estremi dei 50/55 gradi sottozero dell'inverno ai +45 in estate. La superficie è principalmente argillosa mentre le dune di sabbia ricoprono solo una minima parte, circa il 3 per cento. Milioni di anni fa il territorio del Gobi era completamente diverso, umido e ricco di vegetazione, habitat ideale per i dinosauri. Oggi il Gobi è abitato da alcuni gruppi di nomadi e da animali rari come l'asino selvatico, il cavallo Prewalski, il saiga (un'antilope endemica) e l'orso del Gobi, una vera e propria rarità faunistica. Ma nel Gobi sorgono anche splendidi monasteri e altre testimonianze di storia e cultura. Il deserto del Gobi occupa circa un terzo dell'intera superficie della Mongolia e una parte della Cina settentrionale. Sono cinque le regioni (aimag) inserite nel territorio del Gobi.




Tradizioni...usanze...religione...


I mongoli sono gente incredibilmente ospitale, tranquilla e tollerante. Essi amano i grandi silenzi della steppa e i comportamenti contenuti, ispirati a un’educazione severa e a una profonda spiritualità, che li ha temprati a superare ogni ostacolo e ogni difficoltà. Lo stile di vita nomade li ha abituati ad usufruire dell’essenziale e ad adattarsi ai ritmi della natura, a volte amichevole, spesso spietata. Fieri e orgogliosi cavalieri, nei loro cuori alberga il ricordo di Genghis Khan, il geniale e implacabile artefice del più grande impero della storia.

La gher

La maggior parte dei mongoli vive in una tenda circolare di feltro bianco, chiamata gher. Con essa, i nomadi della steppa sopravvivono da almeno tre millenni ai rigori dell’inverno siberiano. Pur essendo improntato a un modo di vita semplice e frugale, l'arredamento è curato e ricco di allegri colori. Al centro c'è una stufa metallica che fa da cucina e da impianto di riscaldamento. Come combustibile viene utilizzata la legna oppure lo sterco equino e bovino.
La parete verticale interna è costituita da una griglia circolare di stecche di legno (hana), sulla quale poggiano le pertiche di sostegno (uni) del tetto, che si incontrano alla sommità della tenda con un cerchio di legno (toono), dal quale fuoriesce un tubo che fa da camino. Due colonne a T (bagana), poggiate al centro della gher, sostengono tutta la struttura. La porta d’ingresso (kalga) è sempre rivolta a sud, per usufruire del calore e della luce del sole. All'esterno, la struttura è ricoperta con feltro, pelli e altri materiali impermeabili.
Il paesaggio mongolo è costellato da queste abitazioni, perfettamente funzionali alle necessità imposte dai frequenti spostamenti, al seguito degli animali al pascolo. La gher e la vita che in essa vi si svolge sono inoltre improntate a ben definiti canoni religiosi e tradizionali. La disposizione interna delle persone e delle cose osserva intricate simbologie, ispirate alle credenze religiose e sciamaniche; per cui tutto deve avere un posto e ognuno deve entrare, uscire o sedersi secondo determinate regole. In linea di massima bisogna muoversi in senso orario – in omaggio al sole – e fare attenzione a non urtare o calpestare il gradino della soglia (bosgot), perché porterebbe sfortuna.



Religione

I mongoli nel corso della storia hanno adottato come religione il buddismo tibetano, che coesiste e per certi aspetti è sincretico con le credenze ancestrali. Anche lo sciamanesimo, fortemente diffuso nei territori settentrionali, ha una parte fondamentale nella cultura spirituale, e si intreccia nelle sue interpretazioni sia con le visioni ancestrali che con la cosmologia buddista. La religione buddista ha avuto per secoli un ruolo anche fortemente istituzionale, ed è stata ispiratrice per le figure di riferimento storico più importanti; l’intima relazione tra i mongoli e i buddisti del Tibet si comprende già dal titolo mongolo di “Dalai” (oceano) dato al loro referente spirituale, e dalla potenza della figura di Zanabazar.
Dopo le distruzioni e gli eccidi provocati nel tentativo di obliterazione della mente religiosa durante i decenni di dominazione sovietica, è in corso oggi una forte ripresa dell’interesse che i mongoli hanno per queste loro preziose tradizioni.
Tra le numerose divinità mongole, un posto particolare spetta al dio supremo, Koke Mongke Tengri, l'Eterno Cielo Blu, che è il principio ordinatore dell’Universo. Al di sotto di esso vi è un pantheon di 99 Tengri, spesso associati fra loro: i 4 Tengri dei punti cardinali, i 5 Tengri dei venti, i 7 Tengri del tuono, oltre a Herlig Khan, il Tengri del mondo sotterraneo e della morte. La stessa Madre Terra, Etughen, è popolata da innumerevoli divinità: Natigai (protettrice delle donne, del bestiame e dei raccolti), Umai (la placenta), gli Spiriti delle Montagne e delle Foreste Sacre, gli Spiriti Protettori dei luoghi.
Uno degli dei più antichi e importanti è Tsagaan Ebughen tengr (dio vecchio uomo bianco), che più tardi verrà arruolato tra le classiche divinità buddiste ed è presente anche nelle danze rituali Tzam.
Oltre al supremo dio celeste, alla Terra Madre e agli altri spiriti minori, una speciale venerazione è rivolta a laghi, fiumi e sorgenti. La Yassah, il codice di leggi emanato da Genghis Khan, proibiva di inquinarli, pena la morte.
Anche gli spiriti degli antenati sono venerati: Genghis Khan fu oggetto di culto e gli vennero eretti quattro altari ai quattro angoli del suo impero; unico superstite dei quali è quello degli Ordos, nella Mongolia interna, in territorio cinese.

Il Naadam

La parola Naadam significa “giochi”, ma la denominazione completa è Eriin Gurvan Naadam, “i tre giochi degli uomini”: si confrontano infatti lottatori, cavalieri e arcieri in una giostra senza tempo. I mongoli si battono in queste tre specialità da oltre tremila anni ma da otto secoli il Naadam è la rievocazione delle gesta di Gengis Khan, orgoglio inossidabile di questo Paese, prima padrone di due continenti e poi vittima di invasioni e umiliazioni. Ancora oggi è l’occasione per fare festa e riscoprire l’unità nazionale, anche se i turisti stanno togliendo sempre più spazio ai titolari delle celebrazioni. Negli ultimi anni i mongoli si stanno abituando a vedere frotte di stranieri accalcarsi con le macchine fotografiche per vivere e immortalare qualcosa che probabilmente non capiranno mai fino in fondo. Invece per i mongoli questi giorni significano libertà e orgoglio. Dal 1921 il Naadam assume anche il valore celebrativo per la liberazione dai cinesi, ma sotto il dominio stalinista ogni riferimento a Gengis Khan era rigidamente proibito. Solo nel luglio 1990, scrollato di dosso anche il peso sovietico, si rivedono le icone del grande condottiero.
Ulaanbaatar, la capitale della Mongolia, viene lentamente circondata dalle gher dei nomadi provenienti da tutto il Paese, dopo giorni e giorni a cavallo. Infatti il vero spettacolo, per chi vuole cercarlo, è alla periferia della capitale, trasformata per qualche giorno in un enorme accampamento. Nelle strade di Ulaanbaatar, tra mongoli vestiti con i costumi tradizionali e i turisti sempre più numerosi, si vedono sfilare nomadi che, in groppa ai loro cavalli, hanno finalmente la possibilità di visitare la “grande città”. La celebrazione vera e propria ha inizio nella piazza principale di Ulaanbaatar dove l’esercito schierato fa da cornice ai discorsi delle autorità e del presidente della Repubblica. Il pubblico e gli atleti si trasferiscono allo stadio principale dove comincia una lunga e principesca sfilata che rievoca le gesta di Gengis Khan. Si comincia con la lotta, davanti a decine di migliaia di spettatori composti: cinquecento molossi, agghindati con una giacca (zodog) che copre solo spalle e braccia, attillati pantaloncini in seta (shudag) e ai piedi i tradizionali stivali di cuoio (gutal), si sfidano in rapidi match a eliminazione diretta. Vince chi costringe l’avversario a toccare terra almeno con un ginocchio. Il trionfatore volteggia come uno sparviero sopra il rivale appena battuto. L’ultimo a resistere, dopo tre giorni di lotte trasmesse anche in diretta tv, è il vincitore del Naadam, l’uomo più forte della Mongolia. Chi si aggiudica almeno due titoli nazionali viene acclamato come Titano. Nella storia del Naadam si contano dieci Titani. La seconda prova è quella del tiro con l’arco, a cui prendono parte anche giovanissimi e anziani, tutti bardati secondo l’antica tradizione guerriera. I concorrenti devono centrare dei barattoli posti a 50 o 75 metri a seconda della categoria mentre i compagni di clan li sostengono con canti ossessivi di incoraggiamento. Infine, la corsa dei cavalli che si svolge su una piana stepposa in un’area verso l’aeroporto. Protagonisti sono i bambini, da 5 a 12 anni, che lanciano i cavalli in una sfiancante gara di 15 e 30 chilometri. Per partecipare al Naadam sarebbe opportuno prenotare in anticipo i biglietti per lo stadio, attraverso organizzatori locali, mentre si può assistere liberamente alle prove di tiro con l’arco e, in modo un po’ più avventuroso, alle corse dei cavalli.





In rete, si possono naturalmente trovare tantissime altre informazioni su questo magnifico Paese. Io ne ho riportate solo alcune, quelle principali (secondo me).
Consiglio vivamente di vistare il sito "mongolia.it", che poi sarebbe quello dal quale ho tratto più info; è una vera miniera (c'è da leggere per ore!! [SM=g8130] )

Fonti: www.mongolia.it/index.php
www.mongoliadventure.com
www.amitaba.net/index.php?option=com_k2&view=item&layout=item&id=245&It...



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"Non c'è belva tanto feroce che non abbia un briciolo di pietà. Ma io non ne ho alcuno, sicché non sono una belva." Riccardo III - William Shakespeare
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