Razzismo 'inverso'

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Alice Sacco
00venerdì 12 agosto 2011 19:24
In pratica accade quando qualcuno, per mostrare di non essere razzista tratta uno straniero, un nero o un mussulmano con i guanti, misurando le parole fino all'estremo (es non dire mai la parola nero perchè altrimenti il nero si offende), non contraddicendo mai queste persone oppure se qualcuno dice qualcosa di negativo di loro (anche solo un amico che magari si lamenta che l'amica africana a volte è pettegola) allora si viene accusati ri razzismo, xenofobia ecc ecc.
A scuola i neri ed i mussulmani erano trattati come chiunque altro, eravamo liberi di parlare come volevamo e loro erano liberi di parlare come meglio credevano con noi, non ci sentivamo razzisti se ogni tanto litigavamo con loro (cosa normale tra amici), però c'è chi teme di offendere il nero anche solo dicendo davanti a lui 'a me piace la cioccolata!'
Reiko_Artemis
00domenica 14 agosto 2011 01:08
Dipende anche dalle persone con cui hai a che fare. C'è sempre quello che si approfitta della situazione per mettere i piedi in testa agli altri, per esempio c'era uno un po' handicappato alle gambe ma sanissimo di mente che da piccolo picchiava tutti perché le maestre non dicevano niente, poverino. O al contrario c'è chi è effettivamente uscito da una brutta situazione e sobbalza al minimo accenno che la cosa possa ripetersi. Uno, non sapendo con chi ha a che fare, che sia un approfittatore o un traumatizzato, usa un occhio di riguardo, almeno sulle prime. Poi, quando si ha confidenza, puoi anche lasciarti andare.
Alla mia migliore amica, lella, per esempio dico "voi, lesbiche..." fingendo disprezzo, tanto sa che scherzo e ride. Ma non mi sogno di farlo con una lella che non conosco, potrebbe prendermi sul serio. A quel punto ci vado piano e scherzo ben poco, ma non perché sono a disagio e penso "eh, è lesbica", ma perché essendo lella potrebbe essere in una brutta situazione e un mia eventuale uscita scherzosa potrebbe essere poco delicata. Magari è in crisi coi genitori. Magari è in crisi con sé stessa e non si accetta, magari delle persone care l'hanno allontanata...
hotaru.
00mercoledì 17 agosto 2011 11:55
Secondo me è un discorso di poca conoscenza e poca "confidenza". E' logico che, non avendo mai a che fare con una "categoria" (prendete con le pinze questa definizione) di persone di cui però si parla molto, nel momento in cui veniamo a contatto con una di loro non sappiamo come rapportarci. E' perché, sostanzialmente, prima della persona che abbiamo davanti vediamo il "gruppo" a cui appartiene. Poi, in realtà, quando si comincia a conoscerla la barriera della "categoria" cade, e non ci si pensa nemmeno più.
Tutti sappiamo cos'è il razzismo, ed è logico che qualcuno che non ha mai a che fare con persone di colore in un primo momento non sappia come rapportarsi, visti appunto tutti i discorsi che girano attorno all'argomento. Lo stesso vale per chi non ha mai a che fare con persone disabili: prima vedi il "disabile", poi la persona.
Come dici tu, a scuola vi trattavate tutti allo stesso modo: erano persone che conoscevi al pari delle altre, non "i neri" o "i musulmani" in generale.
Chi poi misura le parole fino all'estremo, risultando spesso anche inopportuno, è chi in realtà conosce meno le suddette "categorie". Ossia chi non ci ha mai a che fare.
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