ro's back to london

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ro-mario
00domenica 1 maggio 2005 21:40
Beh, stamattina mi son svegliato con un film di Fred Astaire e Rita Hayworth (ma quant’è bravo lui… quant’era bella lei?)… subito dopo mi son visto un dvd con Mel Brooks che racconta il suo musical “The Producers”, con le sedute di registrazione dell’original cast album… ho visto la Juve vincere col Bologna, una passeggiata veloce con mia sorella ed ora mi appresto a vedere un altro film: Fred Astaire e Ginger Rogers (“voglio ballare con te”). Tutto questo, con Londra, non c’entra nulla.
Londra… beh, per un malato di musicals come me, è sempre una bella gita. E, per la prima volta da un po’ di tempo, non ci sono andato da solo.
Federica l’è una tipa strana, decisamente simpatica, ma i nostri gusti coincidono abbastanza poco. Sapevo che le sarebbe piaciuto il Re Leone della Walt Disney, ma temevo di dovermeli sudare, gli altri spettacoli a teatro.
Comunque, lunedì mattina si parte. Mio padre ha saputo del mio viaggio dalla commercialista (e questo non ha migliorato i nostri rapporti…).
Io sono puntuale: alle otto e mezza sono sotto casa di Federica. Carichiamo la sua valigia, poi passiamo da Massimiliano (il mio socio, che abita a cinque minuti dall’aeroporto. Lascio a casa sua la mia macchina). Massimiliano, invece, è in ritardo di un quarto d’ora. Ma questa è la prassi…
Ho avuto, nei giorni precedenti la mia partenza, un piccolo problema con la carta d’identità: l’ho persa. Ho risolto in maniera brillante: qualche anno fa mi era capitata la stessa cosa, ho fatto la denuncia di smarrimento ed ho rifatto i documenti. Ovviamente, poi li ho ritrovati. E, quella carta d’identità, giaceva inutilizzata nel cassetto della mia macchina: l’ho riesumata e mi sono fatto il viaggio con quella. Credo sia un reato… ma chissenefrega…….
Vabbè, si parte e si arriva (com’è uso fare): dall’aeroporto si arriva alla stazione di Liverpool Street. L’ideale sarebbe andare di corsa a vedere com’è l’albergo, ma convinco Federica a lasciarmi andare a comprare il biglietto per il teatro di quella sera: ho deciso di andare a vedere “Saturday Night Fever” all’Apollo Victoria, che è in cartellone da un paio d’anni e che credo non durerà ancora molto. 24 sterline: pensavo di spendere meno, ma va bene lo stesso… A quel punto ci dirigiamo al Beaver Hotel, in Earl’s Count Road, e scopriamo che la toilette in camera è pura utopia: ci sta solo il lavandino, poi c’è un buco che chiamano pomposamente bagno comune, senza finestre e senza uscite d’aria, con un cesso ed una vasca da bagno piccolapiccolapiccola… (e neanche tanto pulita). Vabbè, ci accontenteremo… Si disfano le valigie e si va in centro… beh, visto l’orario, si va direttamente alla Victoria Station, così si può mangiare qualcosina prima che inizi lo show… Federica è indecisa se andare da Harrod’s o in Piccadilly. Alla fine preferisce prendere un biglietto anche lei e venire a teatro. Comprare un biglietto teatrale a Londra nel primo pomeriggio o nel tardo pomeriggio comporta lo spiacevole inconveniente di spendere una ventina di sterline in più: infatti, per restare vicino a me, lei spende 45 sterline. Lo spettacolo è come me lo aspettavo: carino, ma niente di che… scenografie scarne, attori ottimi (anche se il DJ Monty interpretato in Italia da Bob Simon è migliore di quello di Shaun Williamson…) e qualche pecca di qua e di là. La differenza maggiore con la versione italiana, messa in scena un paio d’anni fa da Romeo Piparo per il Nazionale di Milano, è l’assenza dei tre attori che fanno il verso ai Bee Gees cantando alcune canzoni della colonna sonora. Comunque, è gestito malissimo il momento clou del suicidio dello sfigato “amico” di Tony Manero: si vede il salto da ponte, poi la scena passa subito a Tony e la tipa su una panchina nel parco a cantare “how deep is your love”. Ricomunque, Federica è letteralmente entusiasta e passa il resto della serata a fare le pose di Tony Manero….
La colazione del Beaver Hotel non è per niente male, anche se mancano formaggio e succo d’arancia. (asproposito: abbiamo notato un viavai, nella zona dell’albergo, di travestiti decisamente brutti e su d’età… ne abbiamo visti proprio tanti… ma non abbiamo capito se ci sono dei locali “dedicati” l’ìntorno). Abbiamo sbagliato a mettere la sveglia, e scendiamo a colazionare alle sette e mezza del mattino (!). Giacchè siamo ormai in piedi, andiamo a vedere un paio di negozi a Notting Hill, ma arriviamo troppo presto, chè sono ancora chiusi. Giringindolando qua e là, ci facciamo una full immersion nei negozi di fumetti di tutta Londra, ed in quelli di dischi del centro, dove io faccio incetta di musical in cd e dvd, Federica compra invece solo un disco dei Linkin’ Park. Per il negozio, io acquisto uno splendido esemplare di cane in peluche che abbaia, scodinzola e fa salti a 360 gradi, alcuni orsetti della serie “Bad Taste” (particolarmente carino quello che si trova per sbaglio in un forno a microonde… ma non sono male nemmeno le caricature di Frankenstein, del Mostro della Laguna Nera, di Igor e di Terminator…), ed una sveglia di Homer Simpson. Dopo aver sperimentato la colazione del Beaver, di comune accordo decidiamo che, d’ora in avanti, salteremo i pranzi. Ma ceneremo sempre da Pizza Hut (per lei insalata o pizza, per me una Cheese Feast, with mushrooms and sweetcorn. Medium, please!).
Arriviamo a teatro (il Lyceum) con un certo anticipo, e ci fiondiamo al Pizza Hut più vicino (beh, vicino è una parola decisamente grossa… infatti ci facciamo una bella passeggiata, passando davanti anche all’Adelphi dove, la sera dopo, andrò a vedere Chicago). Lo spettacolo è “Walt Disney’s The Lion King”, e siamo in seconda fila. Semplicemente indescrivibile: una follia di colori, maschere, personaggi… con quella canzone, all’inizio alla fine (“circle of life”) che, cantata da una quarantina di persone fa accapponare la pelle: Federica ad un certo punto si volta e si trova di fronte l’elefante che entra in scena (ovviamente, di cartapesta… con cinque attori dentro). Uno show incredibile e di grande effetto: alla fine non ci sono applausi, ci sono boati. La Fede è talmente entusiasta che mi fa promettere di portarla a Londra un’altra volta, però per vedere due musical al giorno (eheheh!)…
Il giorno dopo torniamo a Notting Hill, dove io mi compro una maglietta di Trainspotting e Federica alcuni utilissimi ciondoli di Hello Kitty, poi la convinco del fatto che io DEVO vedere il nuovo musical di Andrew Lloyd Webber, “the Woman in White”. Lei, però, ha quasi finito i soldi e non ce la fa. Ha un momento di esitazione quando passiamo di fronte al teatro e si vedono alcuni spezzoni, ma poi fa due conti e lascia perdere. Così l’accompagno da Harrod’s e ci separiamo.
“The Woman in White” è assolutamente eccezionale: la storia, che è ripresa da un romanzo molto famoso in Inghilterra (io mica l’avevo mai sentito nominare, prima…) racconta dell’amore di un maestro di disegno per la sua allieva Laura, che è destinata a sposare un tale Sir Percival Glyde. Altri personaggi: la sorella di Laura, Marion (un’incredibile Maria Friedman), una misteriosa ragazza vestita solo di bianco, il conte Fosco (Michael Ball, una leggenda del West End)… Walter Hartright, questo il nome dell’insegnante di disegno, viene assunto dallo zio di Laura e Marion e si trasferisce nella loro tenuta in campagna. Viene accolto dalla sorella maggiore, Marion, che si innamora di lui a prima vista. Il colpo di fulmine, però, scocca quando Walter incontra Laura. Laura, però, è promessa in sposa ad un altro uomo, proprio colui che la misteriosa ragazza in bianco (che Walter aveva incontrato alla stazione, appena arrivato, una ragazza (o un fantasma?) che dice di non possedere altro che il suo segreto) dice essere la causa del suo dolore… All’annuncio delle nozze, Walter chiede notizie di questa ragazza a sir Percival, che gli racconta di come ella sia la figlia di una sua domestica e di come lui abbia cercato di mantenerla dopo la morte della madre, ottenendo però solo il suo disprezzo: la ragazza è fuggita dall’ospizio dove viveva e lui non ne aveva più avuto notizie. Walter viene allontanato dalla casa e, siccome Laura aveva promesso al padre, sul letto di morte, di sposarsi con sir Glyde, il matrimonio viene celebrato. Laura torna dal viaggio di nozze terrorizzata: Percival è sì un nobile, ma in rovina, e l’ha sposata solo per i soldi. Inoltre, vuole obbligarla a firmare un documento senza dirle cos’è, e l’ha già percossa più volte per convincerla. A calmare la situazione interviene il Conte Fosco, un dottore italiano amico di Percival, che si è innamorato di Marion e convince il suo rissoso amico a lasciar perdere, almeno per il momento. Marion, convinta di aver persuaso lei la sorella a sposare Percival, decide di dedicare la sua vita solo al bene di Laura… Nel frattempo, la misteriosa ragazza in bianco, che voleva svelare il suo segreto a Laura, è stata catturata dagli uomini di Glyde… Marion, arrampicandosi sul cornicione della casa, riesce a sentire una discussione agghiacciante tra il marito di sua sorella ed il Conte Fosco, ma i lampi (nel frattempo è arrivato un temporale fortissimo) coprono i particolari più importanti: i due uomini hanno un piano per mettere a tacere tutto… Marion torna in camera, ma viene raggiunta subito dal Conte Fosco, insospettito da alcuni strani rumori: trovandola fradicia, le somministra del sonnifero, spacciandolo per una medicina. Al risveglio, Marion scopre che la sorella, che ha sempre sofferto di sonnambulismo, è morta, cadendo da una finestra della torre….
Convinta che si tratti di un omicidio, torna a Londra per cercare l’aiuto di Walter, l’unica persona di cui si fidi… che, nel frattempo, è caduto nell’alcolismo e nella miseria. Ma l’idea di poter rendere giustizia a Laura lo riporta in sé: la chiave per risolvere il mistero e farla pagare a sir Percival Glyde è la ragazza in bianco, che è stata ricoverata in un manicomio… Il Conte Fosco possiede i documenti che possono identificare il luogo… l’unico modo per prenderne possesso è far ricorso al fascino di Marion, che proverà a sedurlo….
Il Conte Fosco, nel frattempo, ha litigato con Percival, che sta sperperando soldi non suoi al gioco, e si prepara a partire per il continente: la scena della seduzione è eccezionale, con Michael Ball che parla con i suoi animali (un topo bianco, che gli corre sulla spalla, ed alcune colombe, che “you’ve got to learn to fare la bella vita”: bellissimo!), pronto a partire, finché un servo non gli annuncia l’arrivo di Marion… la Friedman e Ball fanno un duetto di altissimo livello, sia a livello canoro che recitativo (il personaggio di Ball, pur essendo perfido, è altamente comico, ed i due attori si trovano perfettamente a loro agio nelle parti comiche). Alla fine, il Conte capisce tutto, ma lascia andare Marion, chè tanto, per lui, la storia è finita….
Il manicomio è a pochi chilometri dalla casa in campagna delle due sorelle: l’ambientazione è allucinante, ed è permesso di incontrare la ragazza in bianco solo a Marion. Colpo di scena: è Laura. Il cadavere ritrovato e scambiato per Laura è quello della ragazza in bianco, che le somigliava moltissimo.
I tre corrono dallo zio, che ha appena firmato quei famosi documenti a favore di Percival, che sta scappando… Si viene a scoprire che il padre di Laura ha avuto un’amante, tempo prima, che gli ha dato una figlia: questa figlia è la ragazza in bianco. Innamoratasi giovanissima di Percival, ha avuto un figlio da lui. Ma, per paura dello scandalo, Percival ha ucciso il figlio e l’ha gettato nel lago.
Laura decide di “apparire” a Percival vestita di bianco, facendosi passare per un fantasma e costringendolo a confessare… Ma egli, terrorizzato, scappa e viene investito dal treno che doveva portarlo via e renderlo ricco….
Beh, mi rendo conto che il riassunto non è un granché e non rende giustizia alla storia… comunque, la particolarità di questo musical è la scenografia. Che, in pratica, non esiste… Dietro agli attori c’è un enorme schermo a semicerchio sul quale vengono proiettati gli sfondi, in perenne movimento, della storia. Per esempio: quando Marion mostra la casa a Walter, la telecamera li segue e si sposta da una camera all’altra, con un effetto impossibile da descrivere (almeno, per le mie limitate doti di giornalista) ma decisamente suggestivo…
Poi, la sera, dovevo andare a vedere Chicago con Brooke Shields. Solo che, la Shields, non c’era… ha saltato qualche data. Il box office mi dice che, se voglio, posso comunque avere un biglietto omaggio per un’altra data… Scelgo il 24 maggio, sbagliando….
Comunque, Chicago è sempre un gran bel musical… con Josefina Gabrielle che sostituisce benissimo la Shields nel ruolo di Roxie Hart, Anna Montanaro (nonostante il nome italiano, è tedesca) nei panni di Velma Kelly e Michael French (un divo della televisione, in Inghilterra, a quanto mi dicono….) è il miglior Billy Flint che io abbia mai visto. Impeccabile e dotato di un’ironia che Richard Gere se la sogna…. Esco entusiasta di rivedermelo. Purtroppo, appena tornato in Italia, scopro che French ha litigato con Brooke Shields ed è stato licenziato in tronco…..
Cheddire dappiù? Beh, volendo, potrei scrivere ancora parecchio…. Fatto sta che torno a Londra il 29 maggio, sperando di poter finalmente vedere “The Producers” di Mel Brooks, “Bulli e Pupe” con Ewan McGregor, e forse anche “Some Girls” (ma non è un musical… è un testo di prosa) con David Schwimmer (il Ross di Friends! Devo vederlo!).
Bye!
ro-mario
00lunedì 2 maggio 2005 10:37
sul musical di Mel Brooks
che, se si decidesse di andare a Londra assieme (come si diceva qualche tempo fa), vi porterei a vedere....

dunque, è l'adattamento del film "the producers" (in italiano "per favore non toccate le vecchiette": se qualcuno sa spiegarmi il motivo di questa traduzione, gliene sarei grato...). Ha vinto qualcosa come 12 Tony (i premi teatrali di Broadway). Le musiche ed i testi delle canzoni sono scritti dallo stesso Brooks, che ha voluto ricreare un musical "vecchio stile". Vecchio stile nella musica ma, ovcourse, non nei testi (tanto per fare un esempio... gli spettatori, alla prima di un pessimo adattamento in musical dell'Amleto: "we've seen shit, but never like this").
Di detto musical (non quello sull'Amleto... "the producers") si sta girando la versione cinematografica. Prodotta da Mel Brooks, con la regia di Susan Stroman (già regista e coreografa della versione teatrale), Uma Thurman (che, all'ultimo minuto, ha sostituito Nicole Kidman), Nathan Lane e Matthew Broderick (questi ultimi due, già protagonisti della versione teatrale).
Per chi non conoscesse la storia... Max Bialystock è un produttore di musical a Broadway in disgrazia: il suo ultimo spettacolo, Funny Boy (l'Amleto di cui sopra) è stato un tale disastro da dover chiudere il giorno dopo la prima rappresentazione. Conosce Leo, un giovane contabile, che si rende conto, quasi per caso, che, per un produttore, potrebbe essere più conveniente finanziare un flop piuttosto che uno show di successo: "potresti recuperare un milione di dollari, fare un flop da centomila, e tenere il resto per te". Detto, fatto: in fondo, checcivuole a fare un disastro? Basta prendere il peggior teatro, il peggior regista ed il peggior plot della storia, metterli insieme... ed ecco a voi "Springtime for Hitler", un musical Neo Nazista! Interpretato da un pessimo attore e da una primattrice con un fortissimo accento svedese, ma tutte le curve al posto giusto, "Springtime for Hitler" sembra destinato ad essere il peggior musical di tutti i tempi. La sera della prima, però, l'interprete principale si rompe una gamba, e viene sostituito dal regista: disastro! è un successo! la critica lo bolla come "un capolavoro di satira" e "miglior musical del decennio".
Max finisce in prigione, mentre Leo scappa a Rio con il milione di dollari e Ulla, la protagonista... Dopo un pò, però, Leo lascia tutto e torna a New York, da quell'amico che ha abbandonato. Entrambi vengono condannati a cinque anni di prigione a Sing Sing, che vengono condonati praticamente subito visto il successo di "prigionieri d'amore", il loro nuovo musical (messo in scena per i carcerati) che "ha portato allegria e buonumore in ogni assassino, rapitore e maniaco sessuale di New York". Di nuovo liberi, sono pronti finalmente a diventare i più grandi produttori di Broadway.

E adesso, qualcuno mi spieghi il titolo italiano, pliis...

p.s.: Frank Sinatra m'ha fregato! il musical "The Rat Pack", che racconta il periodo dell'amicizia con Sammy Davis Jr. & cricca, chiuderà allo Strand Theatre il 28 maggio (io parto il 29) e riaprirà il 3 giugno in un nuovo teatro (io torno proprio quel giorno lì)... vabbè, sarà per la prossima volta.......
sax500
00martedì 3 maggio 2005 17:55
ok, però non credo di reggere un musical al giorno [SM=g27828] : magari faccio un salto da 100hundreds, o vado a sentire un concerto in soho square... [SM=g27824]
P.S: bisognerebbe avere 60gg di ferie...[SM=g27813]
ro-mario
00mercoledì 4 maggio 2005 09:37
tzè, mi sottovaluti...
il mio ritmo è di DUE musical al giorno[SM=g27837]
ro-mario
00giovedì 5 maggio 2005 09:30
dunque...
ho scoperto perché il film si chiama così in italiano... almeno credo: a quanto pare Max (uno dei due produttori) raccatta i soldi necessari per produrre il musical facendo il playboy con alcune vecchiette (ma non ne sono proprio sicurissimo... ho in mano solo il libretto con i testi delle canzoni).
vi lascio con questa strofa da "Springtime for Hitler":

"don't be stupid,
be a smarty
come and join
the nazi party"

(il regista dello show: "non avevo mai realizzato che Terzo Reich volesse dire Germania! (...) sì, però... cos'è stà storia che perdono la guerra? se sono i protagonisti, devono vincere!")
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