00 20/11/2014 11:31
L-188: Prima prova di adattamento nella Soyuz con Terry e Anton
INVIATO IL 20 MAGGIO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Baikonur (Kazakistan), 20 maggio 2014—Venerdì scorso, il giorno dopo il nostro arrivo a Baikonur, siamo partiti la mattina presto per il cosmodromo, dove la Soyuz TMA-13M viene preparata per il lancio del 28 maggio. In realtà, questa cosiddetta “prima prova di adattamento” domina l’intera agenda degli equipaggi nelle settimane precedenti: devono essere a Baikonur in tempo per questo evento.

Anton e io abbiamo già avuto l’occasione di sederci nell’astronave di Max, Reid e Alex giù a Mosca alcuni mesi fa, quando abbiamo fatto la verifica di accettazione (vedete L-358).

Ma stavolta è stata un’emozione molto diversa: questo aggregato di metallo ed elettronica porterà i nostri amici nello spazio fra meno di due settimane, le loro vite dipenderanno dal suo corretto funzionamento. Con questo in mente, ancora di più che se fosse il nostro veicolo spaziale, l’unica cosa che continuavamo a dire a noi stessi era: “Non rompere nulla!”

Siamo andati dentro una prima volta con le nostre tute da volo blu per una familiarizzazione generale e seguire una checklist per verificare la configurazione complessiva. Quindi siamo entrati una seconda volta con le nostre tute Sokol, e questa volta ci siamo veramente concentrati nel muoverci attentamente e consapevolmente per evitare qualsiasi incidente. È uno spazio molto angusto, ed entrare dall’alto dal modulo orbitale è naturalmente molto più macchinoso che usare il “finto” portello laterale che abbiamo nei simulatori a Star City.

Sia noi che l’equipaggio primario abbiamo seguito una procedura di verifica del sistema di comunicazione. In aggiunta, con l’equipaggio primario completamente agganciato, visto che i rivestimenti dei loro seggiolini erano in posizione, abbiamo avuto l’opportunità di sperimentare l’estensione dei seggiolini. Quando torneranno sulla Terra fra sei mesi, i loro seggiolini si estenderanno prima dell’atterraggio per armare gli assorbitori d’urto, che smorzeranno la forza dell’impatto nel caso di un guasto ai retrorazzi.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/05/20/l-188-prima-prova-di-adattamento-nella-soyuz-con-terry-...

L-187: Una prerogativa dell’equipaggio di backup: visitare la città di Baikonur!
INVIATO IL 21 MAGGIO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Baikonur (Kazakistan), 21 maggio 2014—L’alzabandiera nel nostro luogo di quarantena ha avuto luogo sabato mattina: Anton e Terry hanno potuto unirsi a Max e Reid nell’issare la bandiera della loro nazione, mentre io questa volta ho issato la bandiera del Kazakistan.

In seguito Terry, Anton e io abbiamo esercitato la nostra prerogativa di equipaggio di backup di rompere la quarantena per un giorno e siamo andati alla tradizionale visita ai monumenti di Baikonur, lasciandoci dietro l’equipaggio primario.

Dopo una breve sosta al monumento Soyuz abbiamo fatto visita alla statua di Gagarin, dove ci è stato dato un caloroso benvenuto dagli alunni delle scuole locali e dal sindaco di Baikonur. A Terry e me è stato consegnato un regalo che simboleggia la città (Anton l’ha già ricevuto in passato) e dopo abbiamo tutti deposto alcuni fiori sulla statua, onorando il primo essere umano a volare nello spazio. Quando ci siamo voltati, abbiamo posato per una divertente foto tradizionale, imitando la posa di Yuri con le braccia alzate.

Il monumento successivo dove ci siamo fermati è dedicato all’Ingegnere Capo Korolyov, riconosciuto come il principale artefice dei successi del programma spaziale sovietico negli anni ‘50 e ‘60. Qui, di nuovo, abbiamo deposto dei fiori come riconoscimento del suo genio ingegneristico e della sua leadership.

Fermata successiva: il museo di Baikonur…

Foto credit: GCTC

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/05/21/l-187-una-prerogativa-dellequipaggio-di-backup-visitare-la-citta-di-b...

L-186: Esplorando il museo di Baikonur
INVIATO IL 22 MAGGIO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Baikonur (Kazakistan), 22 maggio 2014—Dopo aver visitato i monumenti ai pionieri dello spazio di Baikonur, sabato scorso Terry, Anton e io siamo stati portati a una visita guidata molto interessante del museo di Baikonur.

La storia del volo spaziale umano sovietico e poi russo e la storia di Baikonur sono talmente intrecciate, che potreste dire che il museo riguarda entrambe.

Il cosmodromo e gli insediamenti collegati furono costruiti negli anni ‘50. Qui non c’era niente prima, tranne lo snodo ferroviario di Tyuratam—questo è il nome della stazione ferroviaria ancora oggi. Il nome Baikonur in realtà apparteneva a una città diversa in Kazakistan, e venne scelto per depistare lo spionaggio straniero che cercava di localizzare il sito di lancio. Al museo ci è stato perfino detto che nella vera Baikonur fu costruito un sito finto che sarebbe sembrato un sito di lancio se fotografato dall’alto con attrezzature da ricognizione!

Il museo ha una ricca collezione di foto e ricordi e va ben oltre Baikonur documentando i programmi internazionali di esplorazione dello spazio. In preparazione alla nostra visita, hanno anche esposto una piccola collezione di foto del nostro addestramento. È stata una sensazione un po’ strana, in realtà, vedere voi stessi in un museo.

Al termine della visita ci è stata mostrata una replica di una yurta (tenda) kazaka e abbiamo posato per una foto indossando gli abiti tradizionali, prima di firmare il registro dei visitatori del museo.

Foto credit: NASA/Victor Zelentsov

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/05/22/l-186-esplorando-il-museo-di-b...

L-185: Incontrare i nostri angeli della Ricerca e Soccorso e piantare alberi
INVIATO IL 23 MAGGIO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Baikonur (Kazakistan), 23 maggio 2014—Dopo una settimana della nostra quarantena a Baikonur e a sei giorni dal lancio, qui le cose stanno prendendo velocità, mentre sempre più specialisti arrivano per unirsi allo sforzo. Mentre fino a ora le nostre lezioni sono state con i nostri istruttori da Star City, oggi abbiamo incontrato alcune facce nuove.

Per esempio, oggi abbiamo avuto una riunione con i rappresentanti del team Search and Rescue (SAR, ricerca e soccorso). Si sono appena occupati di un atterraggio la settimana scorsa e ora stanno rivolgendo l’attenzione al lancio imminente. Naturalmente, se tutto va bene non c’è nessun bisogno per loro di intervenire nel giorno di un lancio, ma credetemi: sono pronti.

Quando Alex, Reid e Max saranno lanciati la prossima settimana, le risorse SAR saranno dislocate lungo tutta la traiettoria della loro ascesa verso l’orbita fino all’oceano, inclusa una nave in attesa nel Mare del Giappone. Se un’avaria al razzo dovesse verificarsi in un momento qualsiasi, l’unità appropriata verrà allertata e le risorse SAR saranno immediatamente inviate nel luogo di atterraggio previsto basato sul momento in cui si verifica l’avaria. Informazioni più precise sul luogo di impatto previsto saranno ottenute appena si apre il paracadute e il sistema di localizzazione viene attivato.

Dopo un inserimento in orbita nominale, il team SAR non si ritira completamente, ma alcune unità rimangono in allerta fino a quando la Soyuz è attraccata alla ISS—che potrebbe essere due giorni pieni dopo, se c’è un passaggio al profilo di rendezvous in due giorni. Se l’equipaggio avesse bisogno di eseguire un rientro d’emergenza per qualsiasi ragione, gli angeli custodi saranno pronti a incontrarli.

Parlando di cose che diventano reali, Reid e Alex ora hanno il loro albero accanto a quelli di ogni cosmonauta e astronauta in partenza per lo spazio da Baikonur!

Foto: NASA/Victor Zelentsov

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/05/23/l-185-incontrare-i-nostri-angeli-della-ricerca-e-soccorso-e-piantare...

L-175: Affrontare la realtà: altri sei mesi di addestramento prima del nostro turno!
INVIATO IL 2 GIUGNO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



European Astronaut Centre (Colonia, Germania), 2 giugno 2014—Quattro notti fa ho visto i miei amici della Expedition 40/41 salire sul loro razzo e, qualche ora dopo, diventare un punto luminoso sempre più piccolo nel cielo notturno di Baikonur. Dopo avere seguito il loro attracco riuscito alla ISS, ho volato di ritorno a Mosca e poi a casa in Europa. Sono passati quattro giorni da quando ho lasciato il Kazakistan ma le immagini hanno continuato a ritornare, come se una parte di me stesse ancora indugiando lì. Forse perché ora siamo l’equipaggio primario ed è dove il nostro percorso ci porterà ancora fra sei mesi. Forse perché è come vivere una vita diversa per due settimane e non volete lasciarla andare. Forse perché tornare indietro significa affrontare la dura realtà che abbiamo sei mesi di intenso addestramento davanti a noi, prima di poter salire noi stessi su quel razzo.

La saggezza della pianificazione prevede due settimane di vacanza dopo il flusso di backup e prima di saltare nel flusso dell’equipaggio primario, tuttavia i vincoli della programmazione hanno richiesto un’eccezione nel mio caso, così eccomi qui all’European Astronaut Centre per una settimana di addestramento sul payload (carico utile) e l’ATV.

Proprio nella mattinata mi sono ritrovata con Sasha per un po’ di addestramento di ripasso sul rendezvous e l’attracco dell’ATV. Dopo una breve rassegna dei possibili malfunzionamenti fatta dal nostro istruttore Oleg, abbiamo messo alla prova le nostre capacità nel simulatore e ristabilito rapidamente la nostra buona coordinazione di equipaggio. Dopo tutto, non è passato poi tanto tempo dal nostro ultimo esame. (Vedete L-291).

Nel pomeriggio ho avuto un corso sull’assemblaggio dell’esperimento Plasma Kristall 4, in arrivo sulla Stazione in autunno. PK-4, da installare in Columbus, è un esperimento congiunto ESA/Russia per lo studio delle proprietà del plasma complesso in microgravità, con le sessioni vere e proprie di esperimenti che inizieranno l’anno prossimo.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/06/02/l-175-affrontare-la-realta-altri-sei-mesi-di-addestramento-prima-del-nostr...


L-174: Prepararsi a quello che sarà un momento toccante in orbita
INVIATO IL 3 GIUGNO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



European Astronaut Centre (Colonia, Germania), 3 giugno 2014—Oggi ancora un po’ di addestramento sull’ATV all’European Astronaut Centre per Sasha e me.

Questa volta ci siamo concentrati sul monitoraggio dell’allontanamento, cioè le procedure che i membri dell’equipaggio seguono con il controllo a terra il giorno della partenza, per assicurarsi che l’ATV si sganci dalla Stazione ed esegua un’adeguata accensione di allontanamento per mettere un po’ di distanza di sicurezza fra sé stesso e la ISS. È previsto che il prossimo ATV venga lanciato e si agganci alla ISS quest’estate e sarà ancora agganciato al modulo di servizio a novembre, quando arriverò sulla Stazione.

Quando Sasha e io faremo veramente il monitoraggio dell’allontanamento in orbita, sarà un momento piuttosto toccante per noi e per la comunità spaziale europea: la partenza dell’ATV5 Georges Lemaître segnerà la fine del programma Automated Transfer Vehicle, che ha compreso le missioni riuscite ATV1 Jules Verne, ATV2 Johannes Kepler, ATV3 Edoardo Amaldi e ATV4 Albert Einstein, e ha dimostrato robustezza nelle operazioni e una tecnologia di attracco automatico estremamente precisa. Sarà con sentimenti contrastanti che lo guarderemo volare via verso un rientro distruttivo nell’atmosfera. Forse lo vedrete come una meteora!

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/06/03/l-174-prepararsi-a-quello-che-sara-un-momento-toccante-in...

L-173: Lavorate con i fluidi sull’ATV? Controllate le etichette!

INVIATO IL 4 GIUGNO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



European Astronaut Centre (Colonia, Germania), 4 giugno 2014—Oggi una lunga simulazione di ripasso per Sasha e me sulle operazioni della fase attraccata dell’ATV: tutto quello che accade fra le fasi dinamiche dell’attracco e lo sgancio, è la fase attraccata. In quel periodo l’ATV è una parte integrante della ISS.

Durante quei mesi di sfruttamento, ai membri dell’equipaggio potrebbe essere chiesto per esempio di iniziare il trasferimento di gas nell’atmosfera della ISS dai serbatoi dell’ATV, se quel particolare veicolo ha portato a bordo aria, azoto od ossigeno. Altri compiti riguardano il trasferimento di acqua dai serbatoi dell’ATV alla grandi riserve d’acqua nel modulo di servizio russo. Una volta che i serbatoi d’acqua dell’ATV sono vuoti, ai membri dell’equipaggio potrebbe essere chiesto di riempirli di urina dai contenitori di urina più piccoli… sebbene questo venga fatto meno frequentemente oggi che ricicliamo la maggior parte dell’urina a bordo.

Oggi abbiamo anche simulato la preparazione dell’ATV per lo sgancio. Alla fine della missione, prima della partenza, alcuni oggetti, come i rivelatori di fumo e le luci, vengono rimossi dal veicolo e conservati sulla Stazione per essere utilizzati come riserve, visto che lo stesso equipaggiamento è usato in tutti i moduli.

Nella foto potete vedere il pannello di interfaccia con le valvole che controllano il trasferimento dei fluidi. Prima di qualsiasi operazione, è una buona idea controllare l’etichetta del serbatoio con cui lavorerete: se ha già un contrassegno arancione, non è il serbatoio giusto da cui prendere l’acqua!

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/06/04/l-173-lavorate-con-i-fluidi-sullatv-controllate-le-et...

L-168: Kubik, una scatola che vi fa girare!
INVIATO IL 9 GIUGNO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Località italiana, 9 giugno 2014—È tempo di vacanze! Mi sto godendo qualche piacevole giorno d’estate nel mio paese d’origine, l’Italia, ricaricando le batterie prima della fase finale dell’addestramento.

L’ultimo giorno di addestramento prima delle vacanze è stato giovedì della settimana scorsa. Non ho potuto scrivere il diario, comunque, perché quel giorno c’era molto in ballo dopo l’addestramento. Per dirne una, all’European Astronaut Centre abbiamo organizzato la prima videoconferenza con il mio collega Shenanigan Alexander Gerst: molte troupe televisive e persone dei media sono venute a fargli domande per circa 20 minuti. Alex sembrava in forma e già molto a suo agio con l’assenza di peso.

In seguito ho avuto una piacevole intervista con i miei amici di AstronautiCAST—la stessa banda di appassionati di spazio esperti che traducono il mio diario in italiano. Se capite l’italiano, ecco l’intervista (proprio all’inizio del podcast).

Ma ho fatto anche un po’ di addestramento. Per esempio ho avuto una riunione sul Kubik, un’unità autonoma dell’Agenzia Spaziale Europea, che fornisce una temperatura controllata fra 6°C e 38°C per i campioni viventi, come le colture cellulari. Grazie a un componente interno centrifuga, che potete vedere nella foto, i campioni possono essere sottoposti ad accelerazioni variabili, impostabili fra 0,2G e 2G a passi di 0,1G. Se i campioni devono solo essere esposti a un ambiente in assenza di peso, la centrifuga è sostituibile con un componente interno passivo.

Il Kubik è un modo semplice ed economico per eseguire esperimenti di scienze della vita sulla Stazione Spaziale.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/06/09/l-168-kubik-una-scatola-che-vi-fa...

L-167: NightPod: inseguire la Terra per fare foto più nitide
INVIATO IL 10 GIUGNO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Località italiana, 10 giugno 2014—L’ultima attività di addestramento la settimana scorsa è stata una lezione su NightPod, un sistema che si interfaccia con le fotocamere sulla ISS per aiutare gli astronauti nella fotografia notturna.

Come probabilmente sapete, scattare fotografie in condizioni di bassa illuminazione richiede tempi di esposizione più lunghi. Anche se il soggetto non si sta muovendo, è difficile ottenere una foto nitida senza l’uso di un treppiede, visto che il leggero tremore della mano è abbastanza per causare sfocature. Un treppiede fisso, tuttavia, serve a poco quando state cercando di fotografare la Terra di notte dalla Stazione Spaziale, perché il bersaglio si sta muovendo rapidamente nel campo di vista. Potreste provare a ruotare la fotocamera per compensare il movimento—e alcuni sono piuttosto abili in questo—ma NightPod lo fa molto meglio.

Il sistema è montato su un supporto nella Cupola, in modo che la fotocamera sia rivolta verso la grande finestra al nadir. Dopo l’inizializzazione, il software chiede dei dati in ingresso relativi all’altitudine corrente e l’orientamento della Stazione Spaziale; basandosi su questi dati, calcola la rotazione necessaria da impartire alla fotocamera in modo che il bersaglio sulla superficie della Terra appaia fermo nel suo campo di vista. Ed ecco che ci siete: potete avere tempi di esposizione più lunghi senza compromettere la nitidezza.

Questa sarà la mia ultima nota del diario per questa settimana di vacanza. Come sempre, ci vediamo dall’altra parte!

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/06/10/l-167-nightpod-inseguire-la-terra-per-fare-foto-piu...

L-156: Frequenze di comunicazione aperte
INVIATO IL 22 GIUGNO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Località italiana, 21 giugno 2014—Quello di oggi è un Diario di Bordo speciale, scritto direttamente in italiano, bypassando eccezionalmente il valido (e valoroso!) lavoro di traduzione di AstronautiNEWS.

Ufficialmente sono ancora in vacanza, quindi niente storie di vita da astronauta oggi. Prima di partire per Houston domani e riprendere il mio addestramento, però, voglio dedicare qualche parola al lancio di Avamposto 42!

Come sapete, si tratta del sito dedicato alla missione Futura, l’avamposto di Futura nella rete. Perché si chiami proprio Avamposto 42 l’ho spiegato qui.

Non esagero se dico che la nascita di Avamposto 42 per me è la realizzazione di un sogno, che coltivo ormai da un paio di anni. Se si è realizzato è perché ci hanno creduto in molti e sono loro davvero grata! È meraviglioso vedere come intorno ad Avamposto 42 si sia aggregato un gruppo di persone e di organizzazioni che condividono una visione comune: informare e appassionare, raccontare e coinvolgere, trasmettere e ascoltare, intorno ai due viaggi che iniziano insieme. Uno è la missione Futura stessa, l’altro un viaggio di consapevolezza nel mondo della nutrizione. Perché abbiamo un corpo soltanto, meglio conoscere le istruzioni per l’uso: è la nostra unica astronave per tutta la vita!

Naturalmente siamo soltanto all’inizio, diciamo che siamo nel warm-up. Aggiusteremo alcune cose, ne svilupperemo altre. Mi piacerebbe molto se partecipaste attivamente con le vostre idee e opinioni! Potete scrivere su Linea Aperta, ma anche @Avamposto42 su Twitter e la pagina Facebook Avamposto42 sono in ascolto. Le frequenze di comunicazioni sono aperte, nelle due direzioni.

Buon weekend!

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/06/22/l-156-frequenze-di-comunicazione...

L-153: Aiuterò a girare il prossimo film IMAX dallo spazio. No, veramente…
INVIATO IL 24 GIUGNO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Houston (USA), 24 giugno 2014—Che modo di iniziare una settimana di addestramento ieri… dopo aver volato a Houston sabato, il mio programma di lunedì mattina mi ha portata nella vicina Galvestion per una proiezione privata dei film IMAX Blue Planet e Hubble 3D. Sedute accanto a me nella sala vuota, le persone che hanno realizzato quei film, insieme con molte altre produzioni IMAX leggendarie dallo e sullo spazio: Toni Myers e James Neihouse.

Stento ancora a crederci, ma io aiuterò a realizzare il prossimo film IMAX dallo spazio! Insieme con gli altri membri degli equipaggi delle prossime spedizioni, farò del mio meglio per assicurarmi che il team di produzione abbia le riprese necessarie a mettere insieme la prossima straordinaria esperienza cinematografica sullo spazio per gli spettatori di tutto il mondo. Non c’è niente di più entusiasmante!

Naturalmente, non è divertimento libero, dobbiamo seguire l’addestramento necessario a essere in grado di utilizzare l’equipaggiamento. Ancora più importante, dobbiamo capire come si devono girare le scene perché siano adatte alla proiezione sugli schermi giganti IMAX. Ecco perché, ancora prima di essere esposti alle camere dedicate per riprese fotografiche e video che useremo sulla ISS, ho visto un paio di film con Toni e James, che hanno fatto del loro meglio per aiutarmi a vederli dalla prospettiva della persona dietro la macchina da presa. Cosa è stato grande? Cosa avrebbe potuto essere rirpeso meglio?

Non vedo l’ora di imparare di più da questi cineasti esperti. E mi auguro che siate entusiasti quanto me per un nuovo film IMAX sullo spazio in arrivo—anche se dovremo aspettare fino al 2016 per godercelo!

Foto: una scena del film IMAX 3D girato nello spazio dalla stiva dello Shuttle durante una missione di riparazione del Telescopio Spaziale Hubble.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/06/24/l-153-aiutero-a-girare-il-prossimo-film-imax-dallo-spazio-no-ve...

L-152: Stato di sospensione
INVIATO IL 26 GIUGNO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Johnson Space Center (Houston, USA), 25 giugno 2014—Oggi è stata una di quelle giornate di addestramento in cui saltate rapidamente da un argomento all’altro, mentre correte da una lezione all’altra e da un edificio a un altro al Johnson Space Center.

Ho iniziato la giornata in palestra e poi sono passata a una lezione di robotica con il compagno di equipaggio Scott Kelly, che si unirà a noi sulla ISS a marzo dell’anno prossimo. È stata una lezione di “track & capture” (inseguimento e cattura—N.d.T.): è come chiamiamo la presa di un veicolo in visita in volo libero con il braccio robotico della Stazione Spaziale. Potete vedere questa vecchia nota del diario per qualche parola in più in proposito.

Dopo ho avuto una lezione sul POGO. È il Partial Gravity Simulator (simulatore di gravità parziale—N.d.T.), uno degli ambienti di addestramento che abbiamo a disposizione per prepararci alle passeggiate spaziali. Siete interessati ai pro e contro del POGO rispetto all’addestramento sott’acqua? Ecco una vecchia nota del diario su questo!

Nella foto potete vedermi nel POGO al lavoro sulle condutture dei fluidi, in particolare l’aggancio e lo sgancio dei QD. Sta per Quick Disconnects (disconnessioni rapide—N.d.T.), ma sfortunatamente non sono necessariamente molto rapide. In particolare le più grandi si sono rivelate piuttosto impegnative da manovrare in orbita durante le passeggiate spaziali, con le condutture dei fluidi pressurizzate, perché i tubi diventano estremamente rigidi! Visto che non abbiamo tubi pressurizzati reali sott’acqua, ci addestriamo a questo nel POGO con l’addestratore QD speciale che vedete nella foto.

Successivamente ho avuto una lezione di addestramento all’esperimento Cardio Ox, in cui ho fatto pratica nell’eseguire un’ecografia della mia arteria brachiale, l’arteria carotidea e il cuore, seguendo le istruzioni di uno specialista nella stanza accanto.

Per finire, un corso chiamato “Galley support” (supporto alla cambusa—N.d.T.), riguardante principalmente i dettagli del distributore dell’acqua. È quello da cui otteniamo l’acqua potabile, sia per bere che per reidratare le sacche di cibo. Ho tentato la fortuna con una sacca etichettata verdure italiane. Non sono sicura di cosa abbiano di specificamente italiano, ma è certamente una scelta di cibo salutare dal menu standard della ISS!

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/06/26/l-152-stato-di-sospensione/

L-150: Quando le compressioni salvano la vita di qualcuno
INVIATO IL 27 GIUGNO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Johnson Space Center (Houston, USA), 27 giugno 2014—Ieri Terry e io abbiamo passato la maggior parte della giornata a imparare di più sul progetto IMAX, di cui ho parlato martedì. Viene fuori che non riguarda solo la registrazione delle immagini, ma anche l’adeguata cattura dei suoni della Stazione Spaziale! Avere passato un paio d’ore ad ascoltare Greg parlare del suo lavoro, che consiste nell’aggiungere il suono ai film, ha probabilmente cambiato la mia esperienza di visione dei film per sempre. C’è tanto lavoro che non avevo nemmeno percepito consciamente.

Più tardi Terry e io abbiamo avuto una lezione di familiarizzazione seguendo il cosiddetto Plug-in-Plan, che dà una panoramica di quale equipaggiamento è collegato a quale presa elettrica sulla Stazione Spaziale, e quali sono le restrizioni e i modi più corretti per l’equipaggio di spostare le cose, nei pochi casi in cui ci è permesso farlo senza l’assistenza da terra (computer, piccoli caricabatterie, lampade portatili,…). Potrebbe sembrarvi strano che sia una questione così seria collegare qualcosa a una fonte di alimentazione elettrica, ma il Controllo Missione tiene traccia del carico elettrico su ogni presa per assicurarsi che non facciamo saltare qualcosa e, di conseguenza, causare lo spegnimento non pianificato di equipaggiamenti o esperimenti scientifici.

Questa mattina il nostro intero equipaggio Soyuz si è ricongiunto per una cosiddetta lezione Megacode, in cui facciamo pratica con la corretta risposta di soccorso nel caso in cui un compagno di equipaggio abbia improvvisamente bisogno della rianimazione cardiopolmonare (CPR). Iniziare immediatamente le compressioni del petto e sistemare rapidamente un defibrillatore potrebbe salvare la vita di un amico. Inoltre, siamo anche addestrati a inserire un dispositivo intraosseo, sostanzialmente un ago nel midollo osseo, che fornisce un modo veloce e affidabile di immettere farmaci salvavita nel flusso sanguigno.

Iniziare la CPR immediatamente aumenta drasticamente le possibilità di sopravvivenza di una persona il cui cuore smetta di battere, sulla Terra come sulla Stazione Spaziale. Mi auguro che teniate in esercizio le vostre abilità CPR, non potete mai sapere quando potreste trovarvi nella situazione di salvare la vita di qualcuno!

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/06/27/l-150-quando-le-compressioni-salvano-la-vita-di-q...

L-146: Addestramento robotico ed EVA al laboratorio di Realtà Virtuale
INVIATO IL 1 LUGLIO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Johnson Space Center (Houston, USA), 1 luglio 2014—Ieri abbiamo avuto un’attività di addestramento molto speciale al laboratorio di Realtà Virtuale. Terry, Butch, Anton e io ci siamo uniti per provare una delle complesse coreografie in cui usiamo il braccio robotico in supporto a una passeggiata spaziale.

Nel nostro scenario, Butch e Terry erano inizialmente gli astronauti in passeggiata spaziale, che nel laboratorio di realtà virtuale significa che indossavano gli occhiali e i guanti e si muovevano e interagivano con lo scenario della Stazione Spaziale virtuale.

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Io ero l’operatore robotico, e potevo realmente osservare il loro movimento virtuale sulle mie viste delle telecamere. Anton era lì per aiutare principalmente con il movimento panoramico, l’inclinazione e lo zoom delle telecamere, un ruolo che chiamiamo Robotic Workstation Assistant [assistente alla postazione robotica---N.d.T.].

Nel nostro scenario, ci stavamo occupando di un modulo pompa guasto, che era stato già rimosso in una precedente EVA ed era temporaneamente sistemato sul POA—è come l’attuatore all’estremità del braccio robotico, ma si trova in una posizione fissa sulla Stazione. Siamo in grado di installare un perno di presa su un modulo pompa in modo che il POA vi si possa agganciare.

Prima ho ricevuto istruzioni GCA da Butch per manovrare il braccio verso una posizione in cui lui potesse entrare nel fermo per i piedi che, nella nostra simulazione, era già collegato all’attuatore all’estremità del braccio robotico. Date un’occhiata a questa vecchia nota del diario se non sapete cosa significa GCA.

Dopo l’ho manovrato verso il POA. Una volta che Butch si è trovato in posizione per afferrare le maniglie del modulo pompa, abbiamo rilasciato l’unità dal POA e io ho programmato una sequenza automatica per portarla in una piattaforma esterna di fissaggio, la posizione di stivaggio finale dell’unità guasta.

A quel punto ci siamo scambiati i posti: Terry è passato al braccio, tenendo virtualmente il modulo pompa, e io sono diventata EV2, assistendo nel monitorare le tolleranze di movimento e fornendo istruzioni GCA per inserire il modulo pompa nelle rotaie di guida della sua “scatola” di stivaggio.

Il laboratorio di Realtà Virtuale è particolarmente utile per fare pratica di coordinazione e comunicazione, che sono elementi chiave per operazioni combinate EVA/robotiche di successo e senza intoppi. Inoltre, l’ambiente a realtà virtuale fornisce una riproduzione realistica delle condizioni di illuminazione. Di notte, può essere molto impegnativo avere una buona visuale dell’intero braccio robotico e tutti gli spazi di movimento!

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/07/01/l-146-addestramento-robotico-ed-eva-al-laboratorio-di-realta-v...

L-144: Il nostro addestramento alle emergenze in sei della Expedition 42
INVIATO IL 3 LUGLIO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Johnson Space Center (Houston, USA), 3 luglio 2014—Ricordate che in diverse occasioni vi ho raccontato di simulazioni di emergenze, sia qui a Houston che in Russia? Vedete per esempio questa nota del diario.

Finora abbiamo sempre avuto solo simulazioni d’emergenza in tre persone con Terry e Anton, i miei compagni di equipaggio Soyuz. Come sapete, comunque, l’equipaggio della Stazione è composto da sei persone. L’equipaggio della Soyuz prima di noi sarà lì quando arriveremo a novembre e partirà a marzo. A quel punto diventeremo la Expedition 43. Dopo un paio di settimane, saremo raggiunti da un nuovo equipaggio Soyuz e torneremo a essere un complemento di sei persone.

Così, ieri abbiamo avuto l’opportunità di fare pratica di risposta alle emergenze con il nostro primo equipaggio da sei, la Expedition 42, unendoci a Butch, Elena e Sasha.

Che c’è di diverso quando sei persone lavorano alle procedure? Beh, in linea di principio è più facile, perché avete più membri dell’equipaggio che si occupano di passi diversi. Ma, come sempre con il lavoro di squadra, è essenziale avere una buona coordinazione e comunicazione, altrimenti finirete per peggiorare le cose e ostacolarvi a vicenda.

Ecco perché prima della simulazione il comandante della Expedition 42, Butch, ha preso un po’ di tempo per assicurarsi che capissimo tutti quali sarebbero stati i nostri ruoli durante le diverse risposte alle emergenze. Per esempio, in uno scenario di incendio, avrei assunto la responsabilità principale di lavorare al computer per cercare possibili siti di incendio basandomi sulle firme telemetriche, ed eseguire lo spegnimento dell’alimentazione elettrica come richiesto. Durante la risposta alla depressurizzazione avrei tenuto uno dei manometri portatili: lo controlliamo dopo ogni chiusura di portello e, se la perdita è nel nostro lato, ricalcoliamo il nostro tempo di riserva nel volume rimanente più piccolo.

Naturalmente, la risposta a un’emergenza è una situazione dinamica. Seguiamo un buon piano, ma ci adattiamo sempre anche in tempo reale come necessario. Questo va benissimo, finché c’è una chiara comunicazione quando affidate la responsabilità di un compito a qualcun altro.

Sono felice di poter dire che ieri il nostro equipaggio di sei persone ha lavorato insieme senza intoppi. Un segno molto buono per il nostro futuro periodo che passeremo insieme in orbita!

Foto: ESA/Corvaja. Con i nostri respiratori per l’ammoniaca dopo una perdita di ammoniaca.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/07/03/l-144-il-nostro-addestramento-alle-emergenze-in-sei-della-expedi...

L-142: Fuga di ammoniaca? Ecco da dove verrebbe…
INVIATO IL 6 LUGLIO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Houston (USA), 5 luglio 2014—Come vi ho detto nell’ultima nota del diario, questo è tempo di simulazioni di emergenze per noi, con la simulazione per la Expedition 42 la settimana scorsa e quella per la Expedition 43 in arrivo la settimana prossima. L’obiettivo è fare pratica con le risposte alle emergenze con le nostre combinazioni di due equipaggi completi di 6 persone.

Più che un incendio e la depressurizzazione, lo scenario che richiede una risposta immediata senza scherzi è una perdita di ammoniaca in cabina. Se vi state chiedendo da dove quell’ammoniaca potrebbe venire, ecco un po’ di informazioni di base sulla progettazione della ISS. Tutto l’equipaggiamento che abbiamo a bordo genera molto calore, di cui dobbiamo liberarci in qualche modo. Ecco perché abbiamo condutture di raffreddamento che corrono lungo tutta la Stazione: attraverso delle piastre fredde e gli scambiatori di calore della cabina, l’acqua in quelle condutture raccoglie il calore. Nelle condutture abbiamo scambiatori di calore di interfaccia, in cui il calore viene trasferito dalle condutture di raffreddamento interne a quelle esterne. E in queste ultime, avete indovinato, abbiamo l’ammoniaca. Due pompe esterne si assicurano che quell’ammoniaca scorra dagli scambiatori di calore, dove raccoglie il carico di calore, ai grandi radiatori della Stazione, dove il calore viene respinto nello spazio.

Così, ora sapete che c’è un’interfaccia fra le condutture esterne dell’ammoniaca e le condutture interne dell’acqua. Cosa accade se c’è una rottura in quell’interfaccia, lo scambiatore di calore? Beh, visto che le condutture esterne sono a una pressione più alta, è probabile che l’ammoniaca fluirebbe nella cabina.

L’ammoniaca è estremamente tossica e ha un odore molto caratteristico. Tuttavia, se la perdita è abbastanza piccola, il sistema di autorilevamento del veicolo o il controllo a terra potrebbero notarla per primi, osservando un aumento nella quantità di fluido negli accumulatori del sistema di raffreddamento: visto che non stiamo aggiungendo alcuna acqua, un aumento nella quantità deve venire dall’ammoniaca.

Ecco come è iniziato il nostro scenario la settimana scorsa, con una comunicazione da terra che ripeteva questa chiamata su tutte le frequenze: “Fuga di ammoniaca, eseguire la risposta d’emergenza! Fuga di ammoniaca, eseguire la risposta d’emergenza!”

Nella prossima nota del diario vi racconterò in cosa consiste quella risposta… ma ha molto a che fare con i due tipi di maschere che vedete nella foto (Foto: ESA/S. Corvaja).

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/07/06/l-142-fuga-di-ammoniaca-ecco-da-dove-v...

L-140: Ecco cosa fareste con una perdita di ammoniaca sulla ISS
INVIATO IL 7 LUGLIO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Johnson Space Center (Houston, USA), 7 luglio 2014—Nella nota del diario di ieri stavamo discutendo uno scenario di emergenza, in cui abbiamo ricevuto questa chiamata dal Controllo Missione Simulato “Fuga di ammoniaca, eseguire la risposta d’emergenza! Fuga di ammoniaca, eseguire la risposta d’emergenza!”

Visto che l’ammoniaca è altamente tossica, la prima azione è indossare una maschera a ossigeno. Lungo tutta la ISS abbiamo almeno una maschera, spesso due, in ogni modulo, pronta per essere utilizzata. Le maschere del segmento USA hanno un piccolo serbatoio contenente una riserva di 7 minuti di ossigeno. Potrebbe non sembrare molto, ma queste maschere vengono usate solo per la risposta iniziale, come vedrete.

Con le maschere indossate, quelli di noi che erano nel segmento USOS (moduli USA più Columbus e JEM) si sono spostati rapidamente a poppa verso il segmento russo—non solo perché i nostri veicoli Soyuz sono agganciati lì, ma anche per una importante differenza di progettazione: non ci sono condutture dell’ammoniaca nel segmento russo.

Assicurandoci di sapere dove si trovano tutti e sei i membri dell’equipaggio, chiudiamo il portello del Nodo 1, isolandoci così dal segmento USOS e dalla fonte della perdita. A quel punto ci liberiamo dello strato esterno di indumenti, potenzialmente contaminati, e li lasciamo nel PMA, il piccolo elemento adattatore fra il segmento USOS e quello russo, chiudendo il portello di poppa del PMA mentre ci ritiriamo verso il modulo russo FGB.

È il momento di recuperare le nostre maschere con respiratore e montarci sopra le cartucce rosa con i filtri per l’ammoniaca. Il passaggio dalle maschere O2 ai respiratori per l’ammoniaca deve essere fatto molto velocemente e attentamente, visto che non sappiamo quale sia la concentrazione dell’ammoniaca nell’atmosfera del segmento russo. Presupponendo che l’atmosfera contaminata, teniamo gli occhi chiusi e tratteniamo il respiro mentre togliamo le maschere O2. Una volta indossati i respiratori, facciamo un certo numero di respiri di purificazione per liberarci dell’eventuale ammoniaca all’interno del cappuccio. Solo allora riapriamo gli occhi.

Dopo che ciascuno è passato in sicurezza al respiratore, è tempo di capire quanta ammoniaca abbiamo nell’atmosfera del segmento russo. Per quello disponiamo di un sistema di misura con chip dedicato. Nello scenario peggiore, il segmento russo è contaminato a un livello tale che dobbiamo evacuare la stazione. Se la concentrazione dell’ammoniaca non è così alta, possiamo filtrare l’aria attraverso le nostre cartucce respiratore attraverso la respirazione. Poi rimaniamo per diverse ore, fino a quando le misure mostrano un’atmosfera sicura. Nel caso fortunato in cui l’aria nel segmento russo non fosse stata contaminata, potremmo togliere le maschere e respirare normalmente. Sicura, di certo, ma con il segmento USOS perduto, almeno per il momento.

Foto: l’esecuzione della procedura di purificazione (ESA/S. Corvaja)

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/07/07/l-140-ecco-cosa-fareste-con-una-perdita-di-ammoniaca-su...

L-139: Micro-5: osservare una malattia infettiva nello spazio
INVIATO IL 8 LUGLIO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Johnson Space Center (Houston, USA), 8 luglio 2014—Ieri Terry, Anton e io abbiamo passato la mattina in una simulazione di operazioni di routine di 5 ore, in cui abbiamo avuto l’opportunità di fare pratica con le attività giornaliere come i compiti di manutenzione, il trasferimento dell’urina, le operazioni cargo. In passato ho parlato di questi tipi di attività di addestramento, per esempio in questa nota del diario.

Nel pomeriggio sono stata addestrata all’esperimento Micro-5, che richiederà molte attività dell’equipaggio nella Microgravity Science Glovebox (MSG). [scatola a guanti per la scienza in microgravità---N.d.T.] Questa è un volume sigillato con guanti integrati in cui potete manipolare sostanze tossiche o campioni viventi senza timore di contaminare la Stazione. In realtà, come potete vedere nella foto, nella sua ultima versione non dovete usare gli ingombranti guanti di gomma, ma potete invece utilizzare i normali guanti da laboratorio: il sigillo si trova intorno al polso.

Lo scopo di Mirco-5 è studiare lo sviluppo di una malattia infettiva nello spazio. Sfortunatamente, è stato osservato che il volo spaziale induce sia un indebolimento del sistema immunitario delle creature viventi, sia un aumento della virulenza dei patogeni. Sebbene entrambi questi fenomeni siano stati studiati separatamente, Micro-5 li studierà entrambi osservando lo sviluppo della malattia nei minuscoli “vermi” (Caenorhabditis elegans) che saranno infettati con i batteri Salmonella in volo.

Addestrarsi a questo esperimento è stato molto divertente. Gestire tutte quelle colture viventi, mescolarle, separarle, prendersi cura della sterilità, prelevare attentamente dei campioni… tutto questo nel peculiare ambiente della MSG mi ha realmente fatta sentire come una scienziata. Naturalmente, ho eseguito la sequenza solo una volta. In volo, dovrò farlo dozzine di volte. Ma hey, come dicono… il progresso scientifico è per l’1% ispirazione e per il 99% sudore!

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/07/08/l-139-micro-5-osservare-una-malattia-infettiva-nello...

L-138: Prepararsi alla camera a vuoto
INVIATO IL 9 LUGLIO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Johnson Space Center (Houston, USA), 9 luglio 2014—Ieri un’altra giornata impegnativa nei panni di una scienziata, addestrandomi a diversi esperimenti di scienze della vita fra cui uno in cui lavoreremo con delle piccole piante.

Un’ultima lezione nel tardo pomeriggio è stata dedicata alla preparazione della mia sessione nella camera a vuoto della prossima settimana, lavorando con una tuta per EVA e dei guanti di Classe 1. Classe 1 è la designazione dell’equipaggiamento progettato per l’utilizzo nello spazio (invece che per l’addestramento). I guanti, in particolare, saranno quelli primari e di riserva fatti su misura per me: se nella camera non troveremo alcun problema con quelli, verranno imballati e mandati in Russia per volare con me nella Soyuz.

Lunedì farò un giro a vuoto: seguiremo tutte le procedure pre-EVA nell’airlock, ma la depressurizzazione verrà simulata. Come nei corsi prep e post in passato, pressurizzeremo invece la tuta a 4,3 psi [0,29 atmosfere---N.d.T] rispetto alla pressione dell’ambiente. Ecco il racconto di una lezione prep e post.

Martedì avremo la cosiddetta sessione in quota, in cui depressurizzeremo realmente la camera fin quasi al vuoto. Per questo, dobbiamo seguire le procedure di prebreath, eliminando l’azoto dal corpo per evitare la malattia da decompressione mentre la pressione viene abbassata. Il protocollo seguito nella camera è il protocollo di 4 ore in tuta, che è esattamente quello che sembra: respirare ossigeno puro nella tuta per 4 ore. Quì il suggerimento è portarsi uno o due film da guardare attraverso un piccolo finestrino nel portello della camera!

Fra l’altro, questa sarà la mia prima volta nella camera a vuoto in tuta EMU della NASA, ma un po’ di tempo fa ho avuto l’occasione di fare una sessione nella camera in tuta russa Orlan. Ecco quella storia, se ve la siete persa!

Foto: la sessione di Terry nella camera un paio di settimane fa. L’ho aiutato a indossare la tuta. (Credit: NASA)

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/07/09/l-138-prepararsi-alla-camera-...

L-131: Di nuovo in piscina per l’addestramento alle passeggiate spaziali
INVIATO IL 16 LUGLIO 2014 DA SAMANTHA CRISTOFORETTI



Johnson Space Center (Houston, USA), 16 luglio 2014—Scusate per la lunga interruzione nel diario, ma è stata una settimana di addestramento davvero intensa qui al Johnson Space Center!

Nell’ultima nota del diario vi ho parlato dell’imminente sessione nella camera a vuoto, così, prima di tutto, se vi state chiedendo come è andata… beh, ieri abbiamo dovuto interrompere la sessione a pressione da alta quota a causa di un problema tecnico, quindi l’attività dovrà essere riprogrammata. Presto vi dirò di più!

Ma oggi lasciatemi raccontarvi la giornata di addestramento di venerdì scorso al Neutral Buoyancy Laboratory [laboratorio di galleggiamento neutro---N.d.T.], la piscina gigante in cui facciamo pratica sott’acqua con le passeggiate spaziali. Con il veterano delle passeggiate spaziali Randy Bresnick ho provato una LEE R&R. LEE è il Latching End Effector [attuatore di aggancio all’estremità---N.d.T.], il componente all’estremità del braccio robotico che cattura un perno di presa, per esempio su un veicolo cargo, e stabilisce una connessione rigida con esso. Per qualche foto vedete questa vecchia nota del diario.

R&R sta per Remove and Replace [rimozione e sostituzione---N.d.T.]: rimuovere un’unità guasta, installare un ricambio. Così, l’obiettivo di venerdì scorso è stato fare pratica nel rimuovere un LEE guasto dal braccio robotico e sostituirlo con il POA—si tratta di un attuatore all’estremità che è identico a quelli alle estremità del braccio, ma è invece situato sul Mobile Transporter [trasportatore mobile---N.d.T.] e viene usato per stivare temporaneamente grandi attrezzature, se hanno un perno di presa.

Ci sono alcune situazioni in cui questo scambio avrebbe senso, perché un attuatore all’estremità potrebbe essere usurato in modo tale da non poter catturare affidabilmente un veicolo in visita, ma potrebbe ancora lavorare bene come un POA per lo stivaggio temporaneo.

Foto: la rimozione di uno dei sei bulloni che collegano il POA (o piuttosto il mockup del NBL) al suo punto di installazione sul Mobile Transporter. (Credit: NASA)

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Fonte dati: www.astronautinews.it/2014/07/16/l-131-di-nuovo-in-piscina-per-laddestramento-alle-passeggiate-s...

To be continued ! [SM=g8278]


Se vuoi volare alto circondati di aquile non di polli !!!