00 11/01/2015 21:40
Gaber e la fine dell'Io
Fonte

Meraviglioso Gaber.


«L’interezza non è il mio forte. Per essere a mio agio ho bisogno di una parte.»

Così Giorgio Gaber, ne Il Comportamento, rappresenta a suo modo lo svilimento e lo smembrarsi della persona nell’era contemporanea. Curioso che queste parole siano state scritte e messe in musica nell’immediato fermento del post-Sessantotto, quando l’appartenenza sociale o politica dava all’individuo la certezza di impegnarsi per qualcosa. Eppure, il signor G vedeva lontano già allora, e aveva colto a suo modo la presenza di quellemaschere sociali descritte da Erving Goffman. Per il sociologo, la “persona”sembra sentirsi tale solo nel momento in cui recita una parte, sia essa quella dell’uomo che nel weekend fugge dalla ressa cittadina e si ritira in campagna ad accendere il fuoco nel camino, o quella del pendolare che incontra una bella donna e si finge uomo vissuto, o ancora quella dello studente che si fa apprezzare perché legge Hegel e si crogiola nel suo fascino intellettuale. Si torna quasi al significato letterale di “persona”, che in latino indicava proprio la maschera, e si estremizza quel motto degli anni della lotta, elaborato con tutt’altro significato, secondo cui «il personale è politico.»

L’individuo, scagliato all’improvviso in un teatro pubblico in cui la scena e le trame sono totalmente sovra-determinate, ha l’illusione di portare sulla scena sociale le proprie emozioni e il proprio vissuto, quando in realtà vi porta solo ciò che i registi – sempre più occulti – si aspettano, smembrando lentamente il proprio Io.
L’identità diviene l’essere identico a qualcuno o qualcos’altro, cambiando al limite pochi connotati. Anzi, vi sonoidentità plurime, che contano solo in quanto tessere colorate che compongono un mosaico sociale raffigurante un gigantesco circo. Quando ciascuno ha esaurito il proprio numero o la propria parte, ha bisogno di essere ridefinito, perché, come dice ancora Gaber, «lo fanno tutti» ed è «una tacita convenzione.»




[Modificato da Abate.Francesca 11/01/2015 21:57]
Io gli spazi vuoti li ho sempre riempiti di stelle. Forse anche con una nota ogni tanto e un sorriso.