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L'UNITA'
12 novembre 2005
Non nominare Giulio invano
di Marco Travaglio

Dunque è ufficiale: in tv è vietato parlar male di Andreotti. Si può parlar male di Garibaldi e perfino - ultimamente, moderatamente - di Berlusconi. Ma dire che Andreotti a Palermo non è stato assolto, bensì riconosciuto colpevole di aver «commesso» il reato di associazione per delinquere con Cosa Nostra fino alla primavera 1980 e salvato dalle attenuanti generiche e dalla conseguente prescrizione questo no, non si può dire. Perché è falso? No, perché è vero. Ci ha provato, a dirlo, Sabina Guzzanti a «Rockpolitik». Era l’ultima puntata, dunque la più libera di un programma libero che le aveva garantito «dieci minuti di libertà». Eppure nemmeno nei dieci minuti di libertà garantiti a un’attrice libera nella puntata più libera del programma più libero degli ultimi anni si è potuto dire papale papale quel che ha scritto la Cassazione in nome del popolo italiano il 28 dicembre 2004. Non i no global, i disobbedienti, le nuove Brigate rosse: la Corte di Cassazione a sezioni unite. Vietato. Una giornata intera di pressioni dai vertici democristiani di Rai1 e dal produttore democristiano Bibi Ballandi, già artefice di leggendarie censure ai danni della stessa Sabina (nel programma di Morandi) e di Paolo Hendel (chez Panariello). Nell’Italia «semilibera» di Freedom House, anche il programma più libero è semilibero.

Andreotti è tabù. Chi scrive l’ha sperimentato più volte. Due mesi fa a «Primo Piano» ho raccontato che Andreotti non è stato assolto, ma prescritto. Il conduttore, giornalista bravo e libero, s’è precipitato a correggermi: «Andreotti è stato assolto». Non è vero, ma ha dovuto dirlo. Due settimane fa l’ho ripetuto all’«Infedele». L’estintore di turno, Pigi Cerchiobattista, ha subito rassicurato:
«Andreotti è stato assolto». Cerchiobattista è addirittura vicedirettore del Corriere della sera: possibile che non abbia letto nemmeno il suo giornale che per la penna di Giovanni Bianconi ha scritto più volte della prescrizione di Andreotti? Impossibile. Cerchiobattista sa bene che Andreotti è stato riconosciuto colpevole di mafia fino al 1980, ma anche lui ha deciso che, siccome quella sentenza non gli piace, la gente non deve conoscerla. Anzi, deve conoscerla in una versione falsa. Che è molto peggio. Perché se il popolo italiano, in nome del quale quella sentenza è stata emessa, la conoscesse, capirebbe molte cose su chi l’ha governato e su chi lo «informa». E non accetterebbe la valanga di menzogne che ogni giorno, a reti unificate, la tv di regime gli rovescia addosso. Saprebbe che l’Italia è stata governata da un mafioso fino al 1980, che Caselli e i suoi pm avevano visto giusto, che l’esclusione di Caselli dalla Superprocura motivata con quell’«errore giudiziario» inesistente è una vergogna basata sul falso. E magari, per fare da testimonial ai telefonini con la Marini , chiamerebbero qualcun altro. Un non mafioso, per dire.

Sabina, con i «bip» sui prescritti e col finalino fuori programma («chi vuole si legga la sentenza Andreotti») è riuscita a sottolineare ancor meglio quel che cercavano d’impedirle di dire. Resta il fatto che una lampante verità - Andreotti ha commesso il reato di mafia- è bandita dalla tv dei Vespa e dei Meocci. Che è peggio di quella berlusconiana, perché è eterna.

E’ la legge degli intoccabili: essi non devono essere processati. Se poi qualcuno osa processarli, non devono essere colpevoli. Se poi qualcuno li giudica colpevoli, la gente non lo deve sapere. Si pensava che gli intoccabili fossero soltanto Bellachioma e i suoi cari. E fino a qualche mese fa lo erano. Poi qualcuno ha sentito puzza di cadavere e ha cominciato a toccarli, o almeno sfiorarli. Ma c’è una categoria di eterni intoccabili che sopravvive alle prime e alle seconde repubbliche, persino alle ere glaciali: quella dei vecchi e nuovi ras democristiani, che dopo qualche anno di ibernazione per far «passà ‘a nuttata» berlusconiana, si candidano alla successione. in prima o per interposta persona. C’è Cossiga che, dopo averne dette e fatte di tutti i colori, va in tv a dar del fascista a questo e quello senza replica. C’è Andreotti che «deve» essere innocente anche quando è colpevole. E c’è Casini che, con un Cuffaro e una dozzina di indagati per mafia in casa, rappresenta per definizione l’«ala nobile» del centrodestra, pontifica di «questione morale» e fa la spola fra Montecitorio e il Vaticano. Non manca molto: rimpiangeremo Berlusconi.

INES TABUSSO