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IL MESSAGGERO
16 Novembre 2005
«Per l’emozione non ho dormito» A Roma per il “trionfo di una vita”
di MARIO AJELLO

adesso è superato. Rieccolo il leader leghista. Viene a godersi la sua apoteosi. Viene a prendersi «il frutto di una vita» (così lui stesso definisce la devolution) e insomma sta girando il suo primo spot per la Lega alle elezioni del prossimo aprile. Prima scena. Bossi va dal presidente Pera, a Palazzo Giustiniani. La sua Volvo verde come il colore della Padania sfreccia davanti alla chiesa di San Luigi dei Francesi, dove sono custoditi alcuni capolavori di Caravaggio, genio lombardo, artista maledetto e formidabile del genere Senatùr. Bossi camicia a scacconi verdi e bianchi e look da scampagnata scende dall’auto. Stanco: «Stanotte non ho dormito per l’emozione», dice. L’emozione di vivere «un momento storico». Ha ancora addosso i segni della malattia. Si deve appoggiare al braccio del sottrosegretario Brancher, per fare i pochi passi dal cortile allo studio di Pera. Atterrando su Roma c’era vento e il suo aereo ha ballato. Stremato ma felicissimo, narra: «Berlusconi, un amico...». Forse l’unico amico che riesce a far fare al Cavaliere quello che dice lui. «Fini, che persona leale...». Talmente leale che ha permesso la strapotenza di Bossi, quel “genio lombardo” che ha fatto digerire la devolution a un Paese e a un Parlamento che per tre quarti non la capisce e non la vuole. Il Cavaliere, quando per la prima volta andò a trovare Bossi nel suo letto di dolore, gli aveva promesso: «Umberto, ti regalo il federalismo». E «ha mantenuto la parola», gli riconosce il capo padano: «Con lui e Fini siamo tre punte affiatate».
Bossi è pronto per il trionfo nell’Aula del Senato. Dice: «La devolution l’ha voluta la Lega, ma anche gli alleati. Sono diventati tutti federalisti». Il leader che riappare a Roma è un leader molto affezionato alla coalizione. Assai più di prima. Ormai si fida di tutti. Ma stamane a Palazzo Madama, con la moglie Manuela e i figli Renzo, Roberto Libertà e Sirio Eridanio, starà seduto nel palco degli ospiti di Pera che guarda caso si trova proprio sopra gli scranni dell’Udc: e da lì si possono controllare bene i democristiani, ai quali il Senatùr era solito dedicare piacevolezze così: «Maialoni», «Truffatori».
Non più. E’ più buono il “barbaro” padano. Perché politicamente appagato. Perché personalmente forgiato dal dolore. Perché nella vicenda della devolution crede di aver trovato degli amici veri. Quelli che ieri sera hanno mangiato con lui ai Parioli, in Largo della Rimembranza, a casa di Brancher: D’Onofrio, Calderoli, Castelli, Maroni, Tremonti. Il ministro dell’Economia è sceso dall’auto blu, portando due buste della spesa, contenenti la pasta e i pelati per la cena. Calderoli lo ha visto e ha ironizzato: «Con questa Finanziaria, l’unico che ha ancora soldi da spendere è Tremonti». Poi, a tavola, è partita la rievocazione dei bei tempi della baita di Lorenzago quando fra polente e cori tirolesi cominciò a scriversi la Nuova Costituzione. Quella che oggi i parlamentari leghisti, per festeggiarne il varo, regaleranno a Bossi in una edizione di lusso con copertina verde.
Con Pera, nel pomeriggio, Bossi ha parlato del proprio risveglio dal coma. Il presidente gli regala una copia del libro che ha scritto con Ratzinger. Bossi gli fa i complimenti per la sua «politica religiosa e dei valori» e perché «lei, presidente, sta difendendo l’Occidente minacciato». Un incontro fra amici. Chiacchierano della legge elettorale che alla Lega non piace granché, ma ha deciso di digerirla. E Pera ha trovato molto tranquillo Bossi su questo tema. Lo è anche sul federalismo: «Mancano poche ore al grande giorno!», dice il Senatùr. Pronto a entrare nella galleria dei padri della patria (devoluzionata), per vendicare Carlo Cattaneo dai torti subiti da Garibaldi e da Cavour.
INES TABUSSO