00 08/01/2006 18:25


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5 gennaio 2006
Furbetto rosso.
Benvenuti a Furbettopoli. Dopo il caso Consorte.
E se l'incauto Fassino lasciasse (con il silenzioso D'Alema)
il vertice del partito?


C'è una triste aria di crepuscolo, nella vicenda dei Ds assediati per i furbetti rossi che avevano in casa. Certo, si può continuare a ripetere che è in corso un attacco politico strumentale: da parte di Berlusconi (e da che pulpito vien la predica sui rapporti tra politica e affari!); da parte del centrodestra; da parte dei "concorrenti" del centrosinistra che vogliono, come ha detto Vannino Chiti, «spolpare l'osso» (elettorale) dei democratici di sinistra. Sarà anche vero, ma restano, purtroppo, i fatti. Questa volta l'"attacco strumentale" non è a base di prediche contro il comunismo sovietico o Pol Pot. I fatti degli ultimi mesi sono sotto gli occhi di tutti. Riassumiamoli. Il più rappresentativo e potente dei manager dell'area ds è accusato di associazione a delinquere e un'altra quantità di reati da far invidia ai manager di Berlusconi. Nell'attesa dei processi, ha già ammesso di aver ricevuto decine di milioni di euro in strane "consulenze"; di non averle dichiarate al fisco; di aver avuto conti cifrati all'estero; di aver fatto rientrare soldi illegali in Italia grazie allo scudo fiscale; di aver sanato i reati fiscali con il condono tombale. Queste ammissioni sono più che sufficienti per esprimere un giudizio netto e definitivo sull'ingegner Giovanni Consorte. Le spiegazioni che ha aggiunto (i 50 milioni sono "consulenze", il conto all'estero era per aiutare un amico malato...) sono dello stesso livello di quelle dell'avvocato Cesare Previti. Ma il peggio è che per sostenere Consorte e le sue operazioni finanziarie si sono impegnati fino allo spasimo i vertici del suo partito: il presidente Massimo D'Alema, il segretario Piero Fassino, il tesoriere Ugo Sposetti, il responsabile economico Pierluigi Bersani... Se mettiamo in fila tutti gli interventi, le dichiarazioni, le interviste di questi e altri notabili ds dal maggio 2005 a oggi, in difesa non solo di Consorte e della sua opa, ma anche di Ricucci e della "pari dignità" degli immobiliaristi, otteniamo un libro nero dei ds che oggi va a pesare come un macigno sulla credibilità del partito. Anche senza aggiungere le imbarazzanti telefonate private tra Fassino e Consorte (a cui si dovranno aggiungere quelle di Consorte con Nicola Latorre e D'Alema). Non lo sapevamo, non conoscevamo la doppia vita di Consorte: questa la giustificazione. «Quando lei va aprendere il caffé con una persona e non sa che quella persona ha commesso degli illeciti, sbaglia a prendere il caffé? Noi non sapevamo né potevamo sospettare che Consorte commettesse illeciti, sempre che le accuse siano fondate»: così Luciano Violante sul Corriere del 5 gennaio 2006. L'argomentazione è quella che i dc siciliani usavano per difendersi dalle accuse di contiguità con personaggi mafiosi, ma questa è solo la forma retorica. La sostanza è che la politica deve accettare di essere responsabile, anche a prescindere dal piano penale. Se ci sono corresponsabilità penali (cioè passaggi di soldini tra Consorte ed esponenti ds, a proposito di una "consulenza" che assomiglia tanto a una "provvista" di quelle che giravano ai bei tempi di Tangentopoli) lo sapremo, forse, nelle prossime settimane. Ma già adesso, per favore, la politica si assuma le sue responsabilità: un segretario di partito che poteva restarsene zitto e tranquillo, in attesa di vedere come andava a finire una operazione finanziaria opinabile, forse buona, forse cattiva, con sostenitori ma anche detrattori dentro il suo stesso partito ha invece buttato nella vicenda il peso del partito, oltre che la sua onorabilità. Ha schierato il partito dietro Giovanni Consorte (mentre i suoi interlocutori, in segreto, dicevano: ma al buon segretario non raccontiamoglieli, i particolari...). Non è sufficiente tutto ciò per dire che Fassino ha commesso un imperdonabile errore politico? D'Alema, dopo tante difese dei furbetti, ha dichiarato al Corriere, il 3 settembre, che le cooperative di Consorte sono una «riserva di etica protestante». Non è sufficiente per dire che D'Alema ha commesso un imperdonabile errore politico? Lasciamo stare, per carità, le responsabilità penali, di cui si occupano i magistrati. Ma i vertici ds hanno il senso delle responsabilità politiche? Sentono le voci di tanti loro iscritti, militanti, simpatizzanti, elettori demoralizzati e delusi per il coinvolgimento anche dei "loro" nelle imprese dei furbetti bianchi e rossi? Perché non hanno ascoltato le voci di chi, già dalla primavera scorsa, dentro la loro area politica, aveva lanciato l'allarme e chiedeva almeno più prudenza? Non si rendono conto che, limitandosi a denunciare gli "attacchi strumentali", rischiano di trascinare nel crollo, come Sansone, non solo i Ds, ma tutto il centrosinistra? La linea dei Ds è: difendiamo le cooperative, che sono una grande ricchezza economica e anche ideale di questo Paese. Vero, ma proprio per questo sono ancora più gravi le responsabilità di Consorte e della consorteria che lo ha sostenuto al vertice del partito. I più spregiudicati si spingono a dire che per battere Berlusconi bisogna sporcarsi le mani con la finanza. Difese che ricordano quelle di Craxi (e di parte del Pds) ai tempi di Mani pulite: dobbiamo mettere le mani nel fango per battere la Dc. Non era vero allora, dato che le tangenti erano spartite insieme con la Dc (a Milano c'era il cassiere unico che provvedeva a dividere le mazzette tra i partiti, di destra e di sinistra). E non è vero oggi: ma che strano modo di combattere Berlusconi, alleandosi con lui come ha fatto Consorte in quella Bicamerale degli affari che si chiama Hopa e in quella bella congrega bipartisan di furbetti del quartierino. A questo punto, per salvare un partito che resta sano, per proteggere le speranze e gli ideali di milioni di persone, non sarebbe meglio che l'incauto Fassino e il silenzioso D'Alema si facessero da parte, prima che sia troppo tardi? (gb, 5 gennaio 2006)
INES TABUSSO