00 15/02/2006 18:39
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NEW del 15 febbraio 2006
Giustizia : Pisapia guardasigilli? Non cosi' distante da Castelli
di osservatoriosullalegalita.org

"Pericolo rosso alla Giustizia". Cosi' titola oggi un articolo de La Padania [1] nel quale si afferma che Bertinotti sacrificherebbe un leader trozkista del suo partito - Marco Ferrando, colpevole di ritenere Israele uno Stato artificiale - ma chiederebbe in cambio che l'Unione preveda di affidare il ministero della Giustizia, in caso di vittoria alle elezioni, a Giuliano Pisapia, definito "noto avvocato del gruppo De Benedetti".

Ma fra i vari esponenti della sinistra l'on.Pisapia e' forse il piu' vicino a molte posizioni di Roberto Castelli, il quale espresse stima nei suoi confronti in occasione di una discussione sull'abolizione del "reato di opinione", per il quale il parlamentare di sinistra aveva presentato un pdl gia' nel 2002.

Inoltre Pisapia e' favorevole alla separazione delle carriere fra giudici e pm, e' contrario al totale azzeramento delle cosiddette "leggi vergogna" di questa legislatura ed invita a salvare "le parti buone" della riforma Castelli dell'Ordinamento giudiziario (compreso l’innesto di rappresentanti delle regioni nei consigli giudiziari, cioe' i rami locali del Csm).

Inoltre sempre Giuliano Pisapia definiva "liberticida e anticostituzionale" il mandato di cattura europeo - molto osteggiato da Castelli e dalla Lega - ritenendo inaccettabile che "in Italia possano venire arrestate persone su disposizioni di magistrati di Paesi stranieri che dipendono dall'esecutivo" e commentando di non essere molto preoccupato di trovarsi "sulla stessa linea di Castelli.

Speciale giustizia

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[1]
LA PADANIA
15 febbraio 2006
Rifondazione esclude MARCO FERRANDO
Pericolo rosso alla Giustizia
Bertinotti pronto a “usare” il trotzkista per portare Pisapia in via Arenula
Igor Iezzi

Marco Ferrando, il compagno di Rifondazione comunista che esalta la «resistenza» irachena e considera lo Stato d’Israele «artificiale», verrà sacrificato sull’altare della pace interna e del politicamente corretto, ma in cambio del suo sacrificio il partito di Fausto Bertinotti si prepara a chiedere la poltrona del ministero della Giustizia per Giuliano Pisapia. E Romano Prodi, sempre più ostaggio della sinistra estrema e radicale, si rassegna all’ennesima resa senza condizioni.
Il caso Ferrando sta scuotendo alle fondamenta l’Unione di centrosinistra mettendone in mostra tutte le contraddizioni. Perchè l’ennesimo “compagno che sbaglia” non è un caso isolato, bensì è il leader della massiccia minoranza interna (che vale circa il 41%) del terzo partito della coalizione che sostiene il candidato premier del centrosinistra. Come lui la pensa circa metà del partito di Fausto Bertinotti, l’unica differenza è che Ferrando ha avuto l’ardire di rendere noti i suoi pensieri poche settimane prima delle elezioni. Scatenando un putiferio.
Nei giorni scorsi scorsi sono uscite sue vecchie affermazioni (pubblicate in un libro di tre anni fa) in cui, secondo il leader della minoranza trotzkista, «la verità è che la teoria “due popoli, due Stati” si è rivelata totalmente falsa». Ferrando attaccava, in sostanza, la linea politica maggioritaria in Rifondazione che sostiene «il diritto di entrambi, israeliani e palestinesi, - come ha precisato Fausto Bertinotti - ad avere una terra, perchè solo così si costruirà una pacifica convivenza». Opposta l’idea di ferrando: «Semplicemente lo Stato d’Israele non è l’espressione dei diritti nazionali ebraici, è una creatura storica artificiale». Il libro da cui sono prese queste frasi risale ad anni addietro, ma la bomba è scoppiata qualche giorno fa quando certe frasi sono state riprese da alcuni quotidiani. Bertinotti le ha lette durante una direzione del partito. Davanti a lui era seduto proprio il leader della minoranza trotzkista che venne reso oggetto di una dura reprimenda. Tanto che il “compagno che sbaglia” fu costretto a una parzialissima rettifica: «La mia posizione attorno alla questione palestinese non contraddice ovviamente la piena presa d’atto della posizione maggioritaria del mio partito sull’argomento, nella sua attuale collocazione». Fu un atto obbligato, Bertinotti aveva chiaramente fatto capire che simili posizioni erano «inammissibili» e «incompatibili con l’appartenenza a questo partito». In Rifondazione incominciarono ad agitarsi le acque, anche perchè Ferrando dovrebbe essere il capolista abruzzese per il Senato sotto la falce e martello. Non pago, solo due giorni dopo la direzione comunista, questo lunedì, il compagno Ferrando, in un’intervista al Corriere, ha rilanciato su Israele («continuerò a dare battaglia nel partito, perchè le mie convinzioni rimangono) e aggiunto un nuovo fronte di tensione con l’Unione: «Il 41% di Rifondazione, non solo io, critica il metodo non-violento. Noi sosteniamo tutte le intifade, le grandi sollevazioni dal Medio Oriente all’America Latina. Intifade che naturalmente non sono dei pranzi di gala». Le frasi che hanno fatto deflagrare la situazione sono quelle relative alla “resistenza irachena”. «C’è un diritto sacrosanto all’autodeterminazione e a resistere a forze d’occupazione militare che stanno lì per interessi colonialistici. Noi siamo - disse - per la rivendicazione del diritto alla sollevazione popolare irachena contro le nostre truppe. Tutti gli episodi in cui ci sono stati nostri caduti, rientrano in tutto e per tutto nelle responsabilità d’una missione militare al servizio dell’Eni».
Oramai era troppo, da più parti nell’Unione arrivavano inviti, indirizzati a Fausto Bertinotti, per non candidarlo. Il segretario del Prc è tornato a dire che Ferrando «è incompatibile con noi e la nostra linea politica» e manca di «pietas di fronte alla perdita di vite umane. Ieri è passato all’azione. Entro venerdì il partito deciderà se confermare la sua candidatura: la segreteria infatti ha deciso di avviare le procedure per valutare la permanenza del leader della componente trotzkista nelle liste elettorali del partito, a causa delle sue valutazioni sulla strage di Nassirya. La segreteria consulterà in tempi brevi i componenti del comitato politico, l’organo deputato a decidere sulle candidature. L’esito più probabile della consultazione potrebbe essere la revoca della candidatura. Da escludere, invece, l’espulsione dal partito o l’”assoluzione” che lascerebbe le cose come stanno. Nella stessa giornata potrebbe arrivare un ammonimento a Francesco Caruso, leader dei noglobal napoletani, e un invito ad «essere molto cauto nelle dichiarazioni» pena l’esclusione. Insomma, Bertinotti deve correre dietro al suo partito, in preda a smania di potere e colto da fregole pseudo-rivoluzionarie. Anche se Ferrando ha gioco facile a dire che le sue opinioni sono note e sono state concretizzate in mozioni e ordini del giorno in diversi congressi. Così come è facile per lui ricordare che quelle tesi hanno raccolto ben il 41% del partito, non proprio un’esigua minoranza. «Mi pare che la capitolazione, tra virgolette, ai diktat esterni abbia iniziato il suo corso» ha commentato, facendo appello all’orgoglio del suo partito. «Si tratterà di vedere ora cosa risponderanno i membri interpellati del comitato politico nazionale. E poi si tratterà di vedere quale reazione si manifesterà nel corpo del partito nel suo insieme, alla base, nei circoli. Noi proporremo, attiveremo una campagna contro la proposta della segreteria nazionale. Sarà una campagna per la difesa della sovranità politica di tutto il nostro partito da diktat esterni del tutto inaccettabili». «E’ una cosa curiosa, perchè è dal ’94 che io presento in ogni congresso documenti alternativi a quelli della maggioranza del gruppo dirigente».
Nessuno poteva non sapere. Ed è difficile pensare che il leader Fausto non sapesse. Sono in molti a credere che il segretario stia cogliendo l’occasione giusta per far fuori una parte importante dei suoi oppositori interni. Ma c’è qualcuno, più malizioso o forse più informato, convinto che si tratti di una precisa strategia bertinottiana per ottenere di più sul tavolo della spartizione delle poltrone in caso di vittoria. E’ risaputo che dentro l’Unione, convinti di una vittoria che sembra ogni giorno di più allontanarsi, stanno già spartendosi ogni posto. E sul quel tavolo Bertinotti avrebbe detto una cosa semplice semplice. «O voi mi date quello che voglio, oppure io lascio briglia sciolta ai miei “rivoluzionari” come Caruso e Ferrando». Una prospettiva che lascerebbe tutti nel terrore, con danni incalcolabili per l’intera coalizione. Altrettanto semplice anche la soluzione proposta dal leader Fausto: «Se invece mi accontentate io metto la museruola a Caruso e caccio Ferrando».
Che cosa vuole il segretario comunista? La poltrona di via Arenula. Già individuato anche il Guardasigilli; Giuliano Pisapia, deputato di rifondazione e noto avvocato del gruppo De Benedetti.
Prende così corpo un eventuale governo Prodi. Con un comunista alla presidenza della Camera (oramai Massimo D’Alema neanche nega l’ipotesi) e un altro comunista alla Giustizia. In attesa che lo stesso D’Alema sostituisca Prodi a palazzo Chigi. Come un film già visto.




INES TABUSSO